Ore 10.45, Virginia Raggi fa il suo ingresso nella sala della Protomoteca, palazzo del Campidoglio. Tutto l’allestimento imbastito dai comunicatori M5S – le slide, i dirigenti della Roma in prima fila, i sorrisi da festa – è pensato per veicolare un messaggio, che diventa un hashtag: «Lo stadio si fa». Nonostante tutto, viene da dire poi, nel pomeriggio, quando sul sito del Comune compare il parere scritto del Politecnico di Torino, fino a quel momento illustrato solo a voce. E lì l’operazione di maquillage mediatico comincia a sfarinarsi. Perché la relazione degli esperti piemontesi, chiamati da Raggi per avere un conforto «tecnico» sull’operazione dopo gli arresti per corruzione di giugno, conferma tutte le perplessità trapelatecon la prima bozza consegnata a dicembre.
«Blocco totale» della viabilità, l’impatto «catastrofico» se la malandata Roma-Lido non diventerà una metropolitana tipo quelle di Londra, le opere del piano trasporti giudicate tutte, da sole, «non sufficienti». «Lo stadio si fa», dice però Raggi di buon mattino, accanto all’estensore della relazione, il professor Bruno Dalla Chiara, che di fronte a taccuini e telecamere smussa non poco i toni lasciati invece nero su bianco nel rapporto che sarà svelato nel pomeriggio.
CONDIZIONI – «Il nostro è un sì condizionato – dice in conferenza stampa – il problema del traffico c’è, ma ci sono anche soluzioni, quelle indicate dal Comune nel Piano urbano della mobilità sostenibile». Senza aggiungere, come viene sottolineato invece nel parere, che per realizzarlo ci vorranno dai tre ai «10 anni». E che prima lo stadio non potrebbe aprire, pena il collasso della circolazione. Raggi invece si è detta convinta che i cantieri possano partire «entro fine anno», tanto che Mauro Baldissoni, vicepresidente esecutivo della Roma, commentava: «Ora si può lavorare, è tempo di costruire». Ma chi? La società Eurnova, che dopo l’arresto di Parnasi è guidata da un nuovo Cda, che a fine mese volerà negli Usa per vendere terreni e progetto a Pallotta. Un pacchetto da 100 milioni, accordo praticamente fatto.
L’ITER – Poi il manager di Boston dovrà trovare un partner per realizzare materialmente l’impianto e il mega complesso dalle cubature monstre, il gigantesco centro di negozi, alberghi e uffici. Le trattative, su questo fronte, sono ancora in corso, in terra americana. Il parere del Politecnico (pagato 36mila euro), ha ricordato ieri la sindaca di Roma, «l’ho chiesto io e non ero obbligata». Non è un atto vincolante, ma serviva a Raggi soprattutto a compattare le truppe a Palazzo Senatorio, insomma i consiglieri comunali del Movimento sempre più dubbiosi e disorientati sul progetto. Fino al 2016, i grillini si opponevano fieramente a Tor di Valle e dopo l’inchiesta per tangenti dell’estate scorsa la pattuglia degli scettici si è rafforzata. Il parere molto critico del Politecnico non ha fugato i dubbi. Per i consiglieri di maggioranza leggere quella relazione non è stato rassicurante. «C’è un’inchiesta aperta sullo stadio, bisogna avere un quadro anche dai giudici oltre che dai professori», ragionava il presidente della Commissione Bilancio, Marco Terranova. Sono contrari anche i consiglieri più legati alle origini del M5S, che tra le opere di interesse pubblico non annoverava gli stadi, come Agnese Catini, Alessandra Agnello, Gemma Guerrini. La presidente della commissione Urbanistica Donatella Iorio e il numero uno della Commissione Mobilità Enrico Stefano tacciono prudenti e fanno capire che le priorità sono altre e non hanno gradito il diktat senza possibilità di replica coniato ieri: «Lo stadio si fa».
IL VERTICE – Hanno parlato invece di «buona notizia» il ministro dell’Interno, Matteo Salvini e lo stesso Beppe Grillo, mentre Di Maio in un post si è «complimentato» con la sindaca. Ma la partita dentro al M5S romano non è ancora chiusa. Ieri sera è andata in scena una riunione in cui sono emersi tutti i dubbi, e le paure, che girano attorno al progetto Tor di Valle. Le critiche dei tecnici e le inchieste giudiziarie. Perché a Palazzo Senatorio, oltre alle cinquanta pagine di sfumature rosso catastrofico scritte da Torino, hanno più forza persuasiva quelle del giudice che parlò di «asservimento dell’interesse pubblico ad interessi privati».