Fiumi di parole in eccessiva libertà, vecchi rancori mai sopiti e nuovi veleni a inquinare una perenne aria da corrida da derby già pesante di suo. Bastano cinque parole pronunciate da Claudio Ranieri, rispondendo a una domanda sul celebre striscione «Oh Nooo» esposto nella Curva Nord laziale durante quel Lazio-Inter (0-2) del 2010 in cui una grossa fetta del tifo biancoceleste chiese alla propria squadra di «scansarsi» per non favorire la rincorsa scudetto della prima Roma ranieriana, per alzare un polverone sulla volata Champions: «Così è stato, così fu».
Poco importa che sul possibile parallelo tra quell’Inter e questa Atalanta, quarta della classe un punto sopra i giallorossi e di scena domani contro la Lazio, ancora in corsa per l’Europa che conta, l’aggiustatore di San Saba glissi con un secco «a me non interessa. A queste cose ci deve pensare la Lega. Io penso solo ad allenare e sono sempre stato una persona leale». Seppure da una constatazione su uno striscione, il fuoco della polemica era già divampato da Trigoria a Formello, prima di far suonare l’allarme anche presso la Procura Federale.
Nessun fascicolo aperto «Affermazioni gravi e pesanti che nascono dalla confusione tra tifoso e tesserato: il primo può fare e pensare quel che crede, il secondo ha un ruolo di responsabilità e deve dichiarare cose suffragate da prove concrete. La Lega deve occuparsi di queste frasi», la risposta di Arturo Diaconale, portavoce della Lazio.
Seguita, magari dopo alcune segnalazioni giunte al procuratore federale Giuseppe Pecoraro, da un lancio d’agenzia che annunciava l’apertura di un fascicolo, con tanto di acquisizione del video della conferenza stampa con la domanda «incriminata», nei confronti di Ranieri. In realtà, fino a ieri sera, nessun procedimento era stato ufficialmente aperto a carico del tecnico romanista.
Solo lunedì, dopo Lazio-Atalanta e Genoa-Roma, la Procura Federale valuterà se (eventualmente per «dichiarazioni lesive») e come muoversi. Non improbabile anche che da tanto clamore possa non venir fuori nulla.
FONTE: La Stampa – M. De Santis