Il rapporto causa-effetto non è certificato, mancherà sempre la prova contraria. Quel che è su carta, indubitabile, è il rendimento. La Roma senza Daniele De Rossi è una squadra che ha vissuto una crisi di gioco e di risultati, in grado di chiudere una sola partita senza subire gol, in casa del Verona. Domani a Udine il rientro in campo vale un flashback di livello. De Rossi ritrova un’altra Roma: meno sicura, alla ricerca di certezze smarrite, oltre che di continuità di risultati. Ritrova, in assoluto, una squadra che ha cambiato modo di mettersi in campo. Principi identici, per carità, ma il 4-2-3-1 non è il 4-3-3 e non lo è soprattutto per il centrale di centrocampo. De Rossi si riaffaccia dentro uno schema di gioco che, dieci anni fa, lo portò ai piani più alti delle classifiche di rendimento: c’era Spalletti in panchina, c’era anche un giocatore evidentemente diverso nella fisicità e di conseguenza nelle caratteristiche.
I NUMERI – Ora il centrocampista dovrà dimostrare di sapersi calare nuovamente dentro il 4-2-3-1. E deve farlo perché Di Francesco ha un bisogno grande così di un equilibratore. Che 9 dei 13 clean sheet giallorossi siano arrivati con De Rossi in campo non è un caso: 0,7 reti subite di media a partita con lui in campo, a fronte dell’1,2 senza (nei dati sono comprese le coppe). È il risultato finale di piccoli elementi che, presi singolarmente, possono ingannare. La Roma con Daniele in campo è certamente più «bassa» come baricentro, tira di meno in porta (16 conclusioni contro le 19 senza il capitano), fa meno possesso palla (61,9% contro il 55,9), segno però che De Rossi ha ben recepito la richiesta di Di Francesco di tentare spesso la verticalizzazione. In estrema sintesi: la Roma fa più punti (2,2 contro 1,5). Basterebbe questo per far sorridere l’allenatore. Anche in prospettiva Shakhtar, nel quale gioca ancora un certo Srna: nel 2011 finì a gomitate e a giornate di squalifica (tre), non è certo quello il flashback sperabile.