Anche se non basta per raggiungere il quarto posto, il segnale di continuità mostrato dalla Roma indica il consolidamento della gestione Ranieri. La ritrovata affidabilità si impone anche su alcuni momenti di disagio, così il mondo scuro che si presentava dopo le sconfitte contro Spal e Napoli non è rimasto l’unico abitabile dai romanisti: da allora 7 punti in 3 gare, due successi di fila e senza subire gol (prima volta in stagione).
Poi Dzeko: lui non segnava all’Olimpico in campionato da un anno, lo sapevano tutti nella capitale, anche il più disinteressato al calcio, se c’è. Insomma, tra acciacchi e discussioni, mercato e stadio nuovo, esiste anche un gruppo che può ancora giocarsi la posizione che cambia il sapore dell’annata. Esiste anche una squadra che accetta le modifiche e un allenatore che segue due strade: il campo gli fa capire quale sia sbagliata e lui rivolta sistemi e uomini. Perché il senso di questa partita è che la Roma del secondo tempo batte sia quella del primo, sia l’Udinese.
I bianconeri sono più belli per quasi un’ora, ma insieme all’occasione migliore, che si spegne sul palo (De Maio), sparisce anche la squadra. Non regge ai cambiamenti romanisti, non ha più forza per il contropiede e il gioco basso, causa anche il diluvio che inonda il prato. Prendere il dato dei corner per capire le differenze: nessuno per la Roma nella prima parte, sette alla fine. Significa maggior pressione, avvicinamento alla porta e affanno altrui.
La Roma poi ha segnato 21 volte da calcio piazzato; anche adesso ci va vicino e dopo due corner di fila arriva l’azione del gol. Più che la tattica, conta la bellezza: perché Samir sbaglia il movimento in avanti, però l’assist, con un ricciolo di esterno destro di El Shaarawy per Dzeko, è un pezzo d’arte. E i litigi tra i due forse sono dimenticati.
FONTE: La Gazzetta dello Sport