Riunioni parallele e sotterfugi per aggirare vincoli urbanistici. Piani organizzati per bypassare le opposizioni, evitando voti sfavorevoli in Consiglio comunale e orientando la giunta per garantire un esito favorevole. E poi, gli escamotage per evitare che le storture nei progetti venissero a galla prima dell’approvazione definitiva. Erano gli escamotage usati dall’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, per ottenere senza intoppi il via libera ai lavori che più gli stavano a cuore. Gli stessi per i quali avrebbe incassato le tangenti che l’hanno portato in carcere per corruzione.
Ora, il rischio è che un trucco simile sia stato utilizzato, di nuovo, per favorire l’imprenditore Luca Parnasi nella realizzazione dello Stadio della Roma. È il nuovo fronte dell’inchiesta che vede indagata per abuso d’ufficio la sindaca Virginia Raggi, proprio per non avere sottoposto al vaglio del Consiglio comunale il verbale conclusivo della conferenza dei servizi, dove l’ultimo programma sullo Stadio avrebbe potuto trovare ostacoli. È dagli atti delle inchieste che hanno travolto De Vito e Parnasi, invece, che emergono tutti gli altri sotterfugi per riuscire a realizzare il masterplan milionario.
LE INTERCETTAZIONI – Sono le intercettazioni a raccontare di come il progetto Tor di Valle sia stato sbloccato grazie ad accordi opachi e alle tangenti pagate dal costruttore. «Pagavo tutti», ha raccontato lui ai pm. Da Luca Lanzalone, consulente plenipotenziario del Campidoglio e punto di riferimento dell’amministrazione nel dossier Stadio, a De Vito e al suo socio, l’avvocato Camillo Mezzacapo, finito in carcere insieme al politico. «È lui che ha risolto lo Stadio!» dice Parnasi a proposito di Lanzalone. È il giugno 2017, l’assemblea capitolina ha approvato la delibera sul progetto.Il costruttore l’ha saputo in tempo reale: «Habemus stadium!», gli ha scritto Lanzalone.
«Sei stato un fenomeno – la risposta – Il vero Totti fuori dal campo». Quell’atto comportava una «riduzione delle cubature con un conseguente taglio delle opere pubbliche – annotano i carabinieri in un’informativa – è stato eliminato il Ponte di Traiano, che consentiva un collegamento veloce con la Roma-Fiumicino». Bisogna allora rileggere una delle intercettazioni clou dell’inchiesta. È il febbraio 2017. Luca Caporilli, collaboratore di Parnasi, parla con un tecnico che accenna ai problemi di viabilità – «il caos» – che si creerebbero con la cancellazione dal ponte. Ma Caporilli è categorico: «Questo tienilo per te».
LE CONSULENZE – È invece Parnasi a raccontare ai pm l’inizio della collaborazione con De Vito: «Mi ha presentato Mezzacapo proponendomi di affidare alcune questioni delle mie società al suo studio». Per l’accusa, quelle consulenze erano tangenti destinate al politico. «Va beh, ma distribuiamoceli questi», dice De Vito al socio parlando del tesoretto accumulato. In effetti, secondo i pm, De Vito potrebbe aver indirizzato i lavori dell’Assemblea capitolina in favore del costruttore.
Ha anche «presieduto la seduta del 14 giugno 2017, nel corso della quale è stata approvata la delibera che ha confermato il pubblico interesse». Pochi giorni prima, era ancora Caporilli a proporre strategie: dice di «fare partire la procedura espropriativa dei terreni dopo il via libera alla variante urbanistica» e aggiunge che «bisogna decidere se accettare le criticità evidenziate». Parnasi chiede se sia il caso di esercitare un intervento di natura «politica» per risolvere il problema: «Volete che faccia qualche altro passaggio visto che sto sostenendo tutti quanti?».
FONTE: Il Messaggero – M. Allegri