Quando crolla tutto, ti volti e non vedi più nessuno. Quando in 24 ore frana un assetto tecnico e direttivo e non sai cosa aspettarti dal futuro, allora il rischio è sentirti un naufrago. Su una zattera in mare aperto, con compagni più spaesati di te e nessuno capace di remare, sempre che ci siano i remi. Così rischia di apparire una squadra che ha le sue colpe, ma alla quale si chiede per tre mesi di non affondare.
Anzi, di approdare con un mezzo miracolo a un quarto posto spartiacque delle ambizioni della Roma del futuro. E sono pochi tre mesi, anche per un allenatore esperto e capace, per inventarsi un gioco che faccia volare un team che ha alternato battiti d’ali a schianti.
Per questo a Claudio Ranieri non si chiedono oggi rivoluzioni tecniche ma – se volesse, se potesse – di essere soprattutto quel padre equilibrato e sereno che nelle ultime stagioni, per un gruppo pur sempre di ragazzi, non c’è stato. È stato un padre troppo distante James Pallotta, (…).
È stato il padre che ti regala sogni Monchi, (…).
È stato un padre ruvido Eusebio Di Francesco, (…).
Non poteva essere un padre Mauro Baldissoni, che ha piuttosto il ruolo freddo del tutore. Né Francesco Totti, semmai fratello maggiore che ti fa sentire importante quando gioca con te. E tantomeno poteva sembrarlo Franco Baldini, figura tra il reale e il mitologico. (…).