Chi ha esultato nell’apprendere che sarebbe stata la Svezia il nostro ostacolo all’ingresso ai Mondiali di Russia, fondamentalmente non si ricordava tre cose. La prima, di carattere strettamente tecnico, è che questa Svezia nelle qualificazioni ha fatto benissimo. Ha fatto anche quello che noi per primi, pagandone le conseguenze, non siamo stati in grado di fare: le goleade ad avversari modesti. Chiedere al Lussemburgo, roba di una cinquantina di giorni fa.
La seconda è che la nostra Nazionale in terra svedese ha vinto solo una volta. Per giunta durante le Olimpiadi di Stoccolma, quindi il fattore campo potrebbe benissimo non essere preso in considerazione. Era il 1912, le prime partite di Vittorio Pozzo come commissario tecnico. La Federazione gli propose l’incarico e lui abbandonò il suo posto da dirigente alla Pirelli. Pose una sola condizione: non ricevere nessun compenso. Storie d’altri tempi.
La terza è che l’ultima e unica volta in cui l’Italia non si è qualificata ai Mondiali (perché in Uruguay nel 1930 si accedeva tramite invito e a noi non era pervenuto), i Mondiali si giocavano in Svezia. Certo, se avessimo preso l’Irlanda del Nord sarebbe cambiato poco. Dato che furono loro ad estrometterci nel gennaio di quel 1958. Mai una partecipazione ai Mondiali fino a quel momento, neanche lontanamente consci che da lì a non molto avrebbero conosciuto l’epoca di George Best, ma come da tradizione tutt’altro che protagonisti del momento storico del gioco del calcio. Ovviamente le particolarità non finiscono qui. Perché quella partita si doveva giocare nel dicembre precedente.
In qualche modo si giocò pure. Proprio al Windsor Park di Belfast. L’arbitro Zsolt rimase bloccato a Londra causa maltempo, si decise incautamente di derubricare il tutto a un’amichevole che però di amichevole ebbe ben poco dato che finì tra calci e sputi. Risultato 2-2, che avrebbe comunque qualificato l’Italia. Circa un mese più tardi ci si ritrova di fronte, stesso posto. L’unico che non era presente la volta precedente era proprio l’arbitro ungherese che, intimidito dall’aria pesante che il pubblico di casa crea perché non ha dimenticato, dirige in maniera molto mediocre contribuendo al 2-1 finale che qualifica l’Irlanda del Nord.
Il gioco incrociato continua e ci fa vedere che anche 20 anni fa, per andare ai Mondiali di Francia, siamo dovuti passare dagli spareggi e davanti c’era proprio la Russia. All’andata 1-1, al ritorno finisce 1-0 con gol di Casiraghi e tutto il San Paolo di Napoli gioisce. Quel San Paolo che non avrebbe perdonato il mancato impiego del pupillo di casa. Ma non solo l’esclusione di Insigne. Una formazione completamente sbagliata nei numeri e negli uomini. Questa Nazionale in fondo non è colpevole di essere andata agli spareggi. Con la Spagna nel girone era possibile che finisse così.
Successe una cosa simile nel novembre 1993, con una rosa ben diversa. Mentre gli 883 vincevano il Festival Italiano, l’estemporanea controproposta di Canale 5 al Festival di Sanremo condotta da Mike Bongiorno, Paola Barale e Gene Gnocchi, facendo conoscere al paese una versione alternativa della loro Come mai (quella insieme a Fiorello che canta imitando nell’ordine Enrico Ruggeri, Claudio Baglioni, Francesco Guccini, Franco Battiato, Vasco Rossi e sé stesso), Italia e Portogallo si giocavano l’accesso a USA’94 proprio a San Siro nell’ultima partita del girone, a pari punti. Con Maldini, Costacurta, Baresi, Baggio e Signori. Questa Nazionale è colpevole di essere arrivata allo spareggio fortemente impreparata, a maggior ragione se si poteva immaginare da tempo che ci saremmo giocati i Mondiali in due partite.
Adesso passiamo a parlare di cose che ci riguardano di più e in particolare di quel ciarlatano. Quello con gli occhi a mandorla e la cresta. L’anno scorso ci aveva detto che la Roma avrebbe vinto entrambi i derby di Coppa Italia. Bugiardo. Adesso ha fatto due settimane a dire che aveva un problema muscolare. Bugiardo (perché come sarebbe possibile il contrario non è spiegabile). Fino ad arrivare a dichiarare che lui questo derby lo gioca pure con una gamba sola. Bugiardo un’altra volta. Perché le gambe le ha entrambe e le usa per tirare, scivolare, contrastare come in una delle sue giornate migliori. Che poi sono quasi tutte, praticamente.
Il gol di Radja Nainggolan è una situazione di gioco che poteva verificarsi almeno altre due volte nel primo tempo del derby. Ma un po’ di lentezza di gioco e di idea (e comunque un ritmo partita tenuto cautamente basso per aumentare nella ripresa, il che riduce di molto la casualità del fatto che sia invece riuscita nel secondo tempo) hanno fatto in modo che non succedesse. Piccoli particolari che se migliorati darebbero la sensazione di produrre un’ulteriore spinta a questa squadra.
La sofferenza finale è ingiustificata, l’errore individuale di Manolas rimette in partita una Lazio che non ha praticamente mai impensierito Alisson. E’ questo che fa strofinare gli occhi. Quanto poco subisca questa squadra. Tenendo conto che non lo fa in nome del principio secondo cui se il pallone ce l’ho io necessariamente non ce l’hanno agli altri (perché non è tra quelle che in serie A fanno più possesso palla, le prime sono nell’ordine Napoli, Juventus e Milan), allora probabilmente vuol dire che in campo è messa proprio bene.
Comunque, 24 anni fa segnò Dino Baggio a pochi minuti dal termine. Noi andammo al Festival di Sanremo e al Festival Italiano ci andarono Rui Barros, Joao Pinto, Futre, Rui Costa e Paulo Sousa. Che comunque non ricordano propriamente questa Svezia. Ma non ricordano propriamente neanche questa Italia. Quella in cui un altro Festival italiano è appena ricominciato. Perché da questa esclusione tutti ci aspettiamo quantomeno una serie di riforme. Ma il rischio di minimizzare sostenendo che bastava vincere una di queste due partite perché tutto fosse come doveva essere sembra concreto. A proposito: c’è bisogno di ricordare invece dove si giocava l’ultimo Europeo a cui l’Italia non si è qualificata?