Edin Dzeko ha smesso di segnare, diciamo che si sta prendendo una pausa di riflessione, ma non facciamone un dramma. Non lo fa nemmeno Edin e con lui il suo allenatore. Certo, perdere quella media non è mai facile per una squadra ambiziosa: sette gol in cinque partite di fila in campionato e tre nella quattro di Champions (segnate in due gare, Qarabag e Chelsea a Stamford Bridge, più le 34 perle nell’anno solare, comprese le tre con la maglia della Bosnia). Ma ora Edin non è tornato al rendimento di due anni fa, è solo diverso, sta pian piano modificando modo di giocare. E questo non vuol dire che segnerà meno. Al momento, anche se non fa gol, resta comunque un uomo in più e mai uno in meno, e questo al netto di una partita sbagliata, che può sempre capitare e sarà pure capitata.
PER IL GRUPPO – Prendi la sfida con il Chelsea di martedì scorso: Edin è stato spettacolare, lontano parente di quello arrabbiato e che ha fatto infuriare Di Francesco dopo Roma-Atletico Madrid. Ha lottato, ha fatto il trequartista, ha aperto il campo agli inserimenti dei suoi compagni, di palle gol ne ha gestite poche e non è stato fortunato. Emblematica la giocata su Rudiger, David Luiz e Cahill nella notte di Champions: tre a spasso su un calciatore, lui, e uno/due uomini liberi dentro l’area o a ridosso. Questo chiede Di Francesco al suo attaccante di riferimento, questo Dzeko ha cominciato a fare. E’ normale che, giocando così, alla Totti, capitano meno occasioni da sfruttare all’interno dell’area di rigore, ma se uno smette di segnare, o rallenta, e altri fanno gol, il risultato della Roma è lo stesso. Senza le reti di Dzeko la squadra ha vinto con Torino, Crotone e Bologna, sempre per uno a zero. Dzeko interpreta il ruolo tipo Totti, ovvero un centravanti di movimento, bravo con i piedi, abile nell’assist. Dzeko brilla per i colpi e meno per le reti. I suoi numeri da bomber parlano chiaro, lo scorso anno ha chiuso come capocannoniere del campionato, trentanove gol in totale, coppe comprese (29 in A, 8 in Europa League e 2 in coppa Italia). Lo scorso anno non era mai stato senza segnare per quattro partite consecutive di campionato, il massimo è rimasto a secco per tre, tra ottobre e novembre (Empoli, Bologna e Atalanta) e a dicembre (Lazio, Milan e Juventus). L’ultima rete in A risale al 1 ottobre scorso, San Siro con il Milan. E appena dopo la sfida con il Napoli ha segnato due reti al Chelsea, che ricordiamo bene per la loro bellezza. La Fiorentina, avversaria di domenica, è una squadra calda, nella passata stagione le ha segnato due reti, ma all’Olimpico.
PRESENTE – Dzeko ha praticamente fatto l’en plein in questa stagione, non per i gol ma per le presenze: ha giocato sempre, da titolare in tutte le partite fin qui disputate, dieci di serie A e quattro di Champions League, saltando solo una ventina di minuti della sfida contro l’Udinese (è uscito al 71esimo per far spazio a Defrel). Minuti totali: 1.240 (881’ in campionato, 359 in Champions League), più di tutti (escluso Alisson, ovviamente), ha superato anche il suo amico Kolarov che, oltre ad aver saltato l’ultima parte della gara con l’Udinese, è rimasto a riposo anche nella sfida con il Bologna. Quindi Dzeko c’era, c’è e ci sarà anche a Firenze, a meno di sorprese. Un Dzeko diverso, più uomo squadra e meno bomber. Ma Di Francesco guarda e ammira ugualmente. E mica solo lui