La tempistica tutt’altro che mirata, chissà se finalmente se ne saranno accorti anche a Trigoria, frena la Roma di Di Francesco. Nessuno mette in dubbio l’operato di Monchi che sta cercando, dalla fine della scorsa stagione, di allestire un team competitivo almeno quanto lo è stato quello che ha festeggiato, nell’ultima annata, il record dei punti (87) nella storia del club. Ma il ritardo nel concludere alcune operazioni non agevola il nuovo allenatore che, dovendo addestrare i giocatori per il suo sistema di gioco (4-3-3), non è messo nella condizione migliore per lavorare. Da settimane si aspetta il sostituto di Salah (19 gol e 12 assist, contando le coppe), e quello di Ruediger che, bisogna ricordarlo, è adattabile anche da terzino destro, il ruolo al momento scoperto nella rosa giallorossa per l’indisponibilità di Karsdorp, Peres e Nura (in teoria anche di Florenzi che però l’allenatore sta provando da esterno alto e non basso). La bontà della prestazione di sabato contro l’Inter, pur alimentando comunque ottimismo per la crescita tattica e fisica della squadra (il passo avanti è evidente nel paragone con la prova di Bergamo contro l’Atalanta alla prima giornata di campionato), è stata accolta anche con più di un rimpianto. Presentarsi incompleti al via, proprio nell’anno in cui viene scelta una nuova guida in panchina, è stato un azzardo.
ESEMPIO SIGNIFICATIVO – I primi 70 minuti della Roma nella sfida contro l’Inter sono stati entusiasmanti. Gol di Dzeko, un palo prima del vantaggio e due dopo, almeno un rigore solare non concesso nè dall’arbitro Irrati nè dal Var Orsato: episodi che bastano e avanzano per promuovere Di Francesco e i suoi interpreti giallorossi. Se i cambi di Spalletti, Joao Mario e a seguire Dalbert, hanno però aiutato i nerazzurri a organizzare la rimonta, la prima sostituzione ha avuto l’effetto boomerang nello schieramento giallorosso. Appena è uscito Defrel (ormai stanchissimo), la fascia destra ha mostrato la scontata fragilità che l’esterno offensivo, tra l’altro acquistato per fare il vice di Dzeko, ha nascosto per un tempo e mezzo. La disponibilità di Defrel nei rientri è diventata la stampella utile a sorreggere Juan Jesus che, da mancino, è stato adattato sulla fascia destra. Un centrale a fare il terzino, cioè fuori ruolo, perché Karsdorp è stato acquistato nonostante si fosse infortunato a inizio aprile (l’intervento al menisco esterno, poi, tre mesi più tardi, a luglio). Da questa scelta di mercato nasce il crollo nel finale. Perisic ha puntato nell’uno contro uno Juan Jesus e ha prodotto gli assist del secondo e del terzo gol. La giustificazione della società, poco convincente, è questa: Karsdorp è stato preso quando erano sicure la conferma di Ruediger e la cessione di Manolas. Ma, con Peres che sulla fascia ci sa stare solo avendo dietro la linea a tre, l’emergenza andava affrontata in anticipo. Un mese fa.
SPRINT DECISIVO – Si torna alla tempistica, cioè lo studio e la programmazione dei tempi entro i quali deve svolgersi un’attività. Oggi, a meno di sorprese, la Roma annuncerà Schick. Che, attaccante di qualità e di prospettiva, è solo numericamente il sostituto di Salah. Non è un esterno. Di Francesco, per non mettere pure lui fuori posizione, deve cambiare il sistema di gioco: 4-3-1-2 (con il ceco accanto a Dzeko), 4-3-2-1 o 4-2-3-1 (con Patrik trequartista affiancato a Nainggolan o dietro al centravanti). Virata da fare in corsa. Non subito, però. Schick non va in campo da più di due mesi. Solo dietro la Roma può cambiare. Ma Monchi, con ancora 4 giorni a disposizione, deve prendere almeno un difensore. Un centrale che sappia stare a destra in attesa del recupero di Karsdorp, Peres e Nura.