Sparita, definitivamente. La Roma non c’è più. A 9 partite dal traguardo, si ritira dal torneo (7° posto e sorpasso della Lazio che deve pure recuperare la gara con l’Udinese), incapace di competere per qualsiasi obiettivo, anche quello di consolazione (4° posto). Fuori dalla serie A, come dalla Coppa Italia e dalla Champions. Il Napoli si diverte all’Olimpico: torello e tiro al bersaglio. Ranieri è umiliato da Ancelotti che, festeggiato dalla Sud, al 7° tentativo batte il collega, responsabile quanto i calciatori della nuova figuraccia. Cambia l’allenatore, dunque, e non il risultato. Anzi la situazione precipita: mai persi, in quasi 5 anni, 2 match di fila in campionato. Ultima volta, nel maggio 2014: Garcia in panchina e il 2° posto in cassaforte. Sembra passata una vita.
IMPROVVISAZIONE TOTALE – Fisicamente e tatticamente non c’è stata partita. Ma è la lezione del Napoli, con il 2° posto al sicuro da tempo, a far riflettere, non il distacco di 16 punti in classifica. A rincorrere la zona Champions sembra che ci fosse Ancelotti (esulta a ogni gol), all’Olimpico senza 7 giocatori , e non Ranieri. Che non inquadra il match già in partenza, forzando i recuperi di Manolas, Kolarov e soprattutto di De Rossi per il forfait postdatato di Zaniolo che poi vedremo in campo senza un perché. Con il capitano, scontato il ritorno al 4-2-3-1. Accanto a lui, Nzonzi. Più Cristante trequartista dietro a Dzeko, Schick largo a destra e Perotti a sinistra. Basta un minuto e mezzo per capire che la modifica è superflua: l’assetto resta vulnerabile. Scavetto di Verdi in verticale, controllo volante con il tacco di Milik che spara sul palo coperto per il vantaggio. La Roma è sempre la stessa e prende gol come se piovessero (62 tra serie A e coppe). È successo in 24 delle 29 partite in campionato (in 14 incassando almeno 2 reti a partita). Il trend è desolante. Con la linea a 4, qualsiasi siano gli interpreti schierati, sempre distratta e disorganizzata. Quindi fragile. Il centrocampo non fa mai schermo e gli esterni offensivi non rientrano.
CORREZIONE APPROSSIMATIVA – Il Napoli, con il solito 4-4-2, fa quello che vuole. Accelera, palleggia e conclude. Ranieri improvvisa per interrompere l’esibizione, rivedendo subito l’assetto e riproponendo il 4-3-3, la traccia preferita di Di Francesco, dopo appena 8 minuti. Cristante si allinea a De Rossi e Nzonzi: è il prologo del crollo. La gente non ne può più e fischia ogni passaggio sbagliato. Verdi, su invito da destra di Mertens, si pappa la palla del raddoppio, calciando addosso a Olsen. Fallito il rigore in movimento. Calvarese, su chiamata chic dell’assistente Perotti, annulla la rete di Milik per fuorigioco millimetrico ancora su appoggio di Mertens. La Roma aspetta il recupero per il 1° tiro nello specchio della porta. Che fa momentaneamente la differenza. In premio c’è il pari: Perotti spiazza su rigore Meret che ha atterrato Schick, dopo la torre di Nzonzi che, pescato in area da Dzeko, infierisce in elevazione sull’ex Mario Rui.
CROLLO ANNUNCIATO – Il gol di Perotti, però, non nasconde le lacune di questa squadra allo sbando. La gaffe di Olsen, su cross da destra di Callejon, certifica il 13° ko stagionale (8° in campionato): segna Mertens. Buca De Rossi e fa centro pure Verdi. Sul punteggio di 1-3, la Sud se l’è presa con il presidente Pallotta e a seguire con i calciatori, definiti mercenari e invitati a sfilarsi la maglia. Applausi solo per Zaniolo, dentro per Schick. L’esclusione iniziale della mezzala diventa inconcepibile proprio dopo la decisione di Ranieri di inserirlo poi a partita ormai chiusa. Traversa di Nzonzi prima del poker di Younes. La Roma, nei 6 scontri diretti contro le 4 squadre che la precedono in classifica, ha conquistato solo 3 punti su 18. Ancora nessun successo contro le big. Ranieri, intanto, imita Zeman, l’ultimo a prendere 4 reti in campionato all’Olimpico, il 1° febbraio 2013 contro il Cagliari (2-4). Pagò solo l’allenatore, quella notte. Oggi ancora nessuno.