Più solida, meno concreta: è la Roma di Di Francesco, nel paragone con quella dei record di punti (87) dell’anno passato. Difende meglio, con i suoi 13 cleen sheet, ma attacca peggio. Dopo 29 giornate il dato è abbastanza significativo: 49 gol realizzati e 23 subiti, saldo attivo di 26 reti e non di 38 come nel campionato scorso, 64 gol fatti e 26 incassati. Numeri che certificano la distanza dal vertice che è più ampia: oggi la Juve è avantidi 16 punti e non di 8, anche perché, dopo 29 giornate, i giallorossi ne hanno raccolti 6 in meno. La differenza è nell’insufficiente rendimento interno: all’Olimpico conquistati solo 28 dei 59 punti, pur avendo giocato 1 gara casalinga in più. La presenza sul podio, con l’attuale 3° posto, dipende dai 9 successi e dai 4 pareggi esterni, con appena 1 ko in 14 viaggi, allo Stadium contro la Juve. L’uscita di scena dalla corsa scudetto, dunque, è per il comportamento davanti al proprio pubblico (5 sconfitte). Da 5° posto, fuori dalla zona Champions.
TRAMPOLINO EUROPEO – Di Francesco fa spesso riferimento alla continuità. La Roma, fin qui, ha pagato la sua intermittenza. Non la Champions, come si potrebbe pensare. Perché, nella recita in controtendenza, ha vissuto i momenti top proprio durante la fase a gironi e recentemente preparando la doppia sfida. Quando l’asticella si è alzata, i giallorossi hanno spiccato il volo. E’ successo tra metà settembre e inizio ottobre (4 vittorie consecutive in campionato) e tra fine ottobre e metà novembre (miglior striscia in questo torneo, con 5 successi di fila). E’ successo di nuovo dal 4 febbraio (6 successi in 7 gare di serie A), conquistando martedì scorso anche la promozione ai quarti con la rimonta contro lo Shakhtar. In questo periodo, guarda caso, 4 clean sheet (più quello in coppa) e media gol superiore anche a quella della Juve leader (2,42 a match). Equilibrata e al tempo stesso efficace.
ROTAZIONE NECESSARIA – Il turnover ha funzionato in autunno. Di Francesco lo ha abbandonato prima della Champions, scegliendo la sua formazione base. L’ha riproposto a Crotone, ma nella circostanza non l’ha utilizzato solo per far recuperare le energie fisiche e mentali ai titolari. Ha voluto coinvolgere anche i panchinari, soprattutto quelli che faticano a entrare nel coro. Ha voluto tutelare il patrimonio tecnico della rosa e al tempo stesso programmare il finale di stagione. Perché di Peres e Gonalons, come di Jesus e Gerson, avrà sicuramente bisogno da qui al traguardo. Le risposte sono state differenti, con Gonalons ancora indietro rispetto agli altri.
INTERESSE COMUNE – Il gruppo, però, è sempre la priorità di questo allenatore. E la concentrazione nell’addestramento quotidiano fa la differenza quando deve scegliere un giocatore. Lo sa bene El Shaarawy che è finito addirittura in tribuna a Kharkiv. E lo stesso è successo con Schick, ancora mai sceso in campo in Champions e ignorato, in partenza e in corsa, a Crotone. Non è questione di ruolo, ma di atteggiamento. «Io devo allenare la Roma e non i singoli giocatori. Lui sta lavorando bene, ma io non posso ragionare individualmente per far contento qualcuno», il messaggio di Di Francesco al ragazzo. Punto e a capo.