Questa sera saluterà i romanisti per l’ultima volta, Claudio Ranieri riceverà la standing ovation dei 60mila dell’Olimpico e anche tutto l’amore di coloro che non ci saranno. Sir Claudio da Londra e Sor Claudio da Testaccio convivono da anni, lui non più tardi di venerdì scorso si è definito «un allenatore europeo», ma mai come stavolta ha saputo incarnare lo spirito dei romanisti.
Ha preso una squadra non sua a due mesi dal termine, le ha ridato dignità e autostima, ma soprattutto non si è fatto problemi, nel momento più difficile, a parlare chiaro. Dentro e fuori Trigoria .E la gente, questo, glielo riconoscerà. Così come gli riconoscerà di essere stato costretto a tenere il timone della nave in un mare a dir poco in tempesta. Pensava, Ranieri, di doversi occupare solo di calcio e calciatori, gli sono bastate poche ore per capire come la situazione, a Trigoria, fosse più compromessa di quello che immaginava.
La bomba gli è scoppiata tra le mani la sera del 13 maggio, quando è venuto a sapere che il club aveva comunicato a De Rossi il mancato rinnovo di contratto. L’ha presa malissimo, tanto da non essere presente alla conferenza di addio (anzi, arrivederci) di Daniele, e non si è fatto problemi a parlare di «fulmine a ciel sereno, sia per me sia per lui». Non si è fatto problemi, neppure, a parlare di Trigoria «troppo affollata» e di voci di mercato «nel momento chiave della stagione. Bisognava tenere una linea unica».
FONTE: La Gazzetta dello Sport