Chiamatelo effetto Di Francesco. Oltre ai risultati, alla solidità difensiva e alla capacità offensiva, il lavoro del tecnico è tangibile anche analizzando il miglioramento di alcuni singoli. Non esiste la controprova ma la decisione di attuare il turnover (21 giocatori già impiegati, compreso Tumminello) ha fatto in modo che tutti i componenti della rosa si sentissero coinvolti nel progetto. E questo è stato probabilmente il passe-partout che ha permesso all’allenatore di essere seguito dal gruppo anche nell’addestramento settimanale. Della serie: nessuno si senta escluso.
I RIGENERATI – E’ chiaro che se sai che prima o poi verrai chiamato in causa, l’approccio al lavoro quotidiano avviene in modo diverso. E i progressi di Peres, Fazio nella difesa a 4, Manolas, Juan Jesus e Gerson, tanto per iniziare, sono sotto gli occhi di tutti. Nelle prime uscite estive, ad esempio, la linea difensiva aveva spesso e volentieri lasciato a desiderare. Sia nelle distanze da tenere con la mediana, sia nella disposizione in campo che somigliava spesso e volentieri ad un elettrocardiogramma con Peres che andava un po’ per i fatti suoi. Il brasiliano nelle ultime settimane è diventato molto più disciplinato. Poi può sempre incorrere nell’errore come accaduto a Benevento, quando per essere troppo lezioso ha mandato in porta gli attaccanti campani. Tuttavia l’attenzione nel seguire i dettami tattici indicati da Di Francesco non può passare inosservata. Lo stesso Manolas sembra un altro. E il contratto, come spesso ventilato negli ultimi giorni, non c’entra nulla. Il greco deve ancora mettersi seduto per parlare del sospirato rinnovo. Monchi ha contattato l’agente ma solo per concordare un appuntamento che avverrà nelle prossime settimane. Il ricordo però del giocatore perennemento scontento o che litigava a brutto muso con Dzeko durante Bosnia-Grecia, ha lasciato via libera in queste settimane ad un ragazzo più sereno. Alzi la mano chi non si è stupito a vederlo tranquillizzare proprio Edin durante Milan-Roma. E questa tranquillità si vede anche in campo. Kostas è tornato il giocatore ammirato con Garcia e nei primi sei mesi dello Spalletti-bis. Attento, ordinato, cattivo quando serve, ora si sente maggiormente responsabilizzato. Ha la consapevolezza di essere migliorato nel non scappare più all’indietro e nel seguire Fazio per tenere la linea compatta, ma di dover fare passi in avanti nei propri limiti in impostazione.
METAMORFOSI – In questo è stato aiutato, oltre che dall’allenatore, anche da Fazio. Un ragazzo che a 30 anni ha avuto l’umiltà di mettersi in discussione e ascoltare cosa gli chiede Di Francesco. L’inizio, inutile negarlo, è stato in salita. Gli errori nelle amichevoli estive contro il Tottenham, nel gol di Mandzukic contro la Juventus o nella rete di Icardi alla seconda giornata, lasciavano presagire una stagione difficile per l’argentino. Bravo il tecnico a correggere in corsa l’atteggiamento della squadra che ora difende sempre con il 4-1-4-1 ma con un baricentro molto più basso rispetto a un mese fa. Inutile infatti alzare troppo la linea difensiva quando hai un calciatore come Fazio, bravo negli anticipi e nei palloni alti, ma inevitabilmente lento nei recuperi. E anche l’attitudine di De Rossi, più propenso al passo indietro che a quello in avanti, ha completato la trasformazione. Metamorfosi che riguarda anche Gerson. Siamo ancora lontani dal giustificare un esborso di quasi 20 milioni, ma almeno il brasiliano non è più una meteora. Lo scorso anno aveva racimolato 4 presenze in campionato. Ora siamo già a quota 3, con la sensazione di essersi lasciato alle spalle l’etichetta del talento anarchico poco incline a mettersi a disposizione della squadra. Discorso simile per Juan Jesus. Partita contro l’Inter a parte – dove però ha giocato in ruolo non suo – e l’errore nel finale a Baku, quando si è fatto anticipare dal centravanti del Qarabag, il brasiliano ha risposto in modo abbastanza positivo. Aspettando i pezzi da novanta del mercato, Karsdorp e Schick, ora la Roma sa di poter contare sull’intera rosa.