Il colpo alla testa sferrato «con ferocia immotivata» e «furia incontenibile sproporzionata alle futili ragioni» da Simone Di Pio, 34 anni, giocatore-tifoso della Virtus Olympia, contro l’arbitro Riccardo Bernardini l’11 novembre scorso al Francesca Gianni di San Basilio, «avrebbe potuto cagionarne la morte e tutto ciò per una partita di calcio». Il gip Giulia Proto nel disporre gli arresti domiciliari per il 34enne, operaio incensurato di San Basilio, non ha dubbi: «La condotta dell’indagato, che è uno sportivo tesserato con la squadra di casa e non un semplice tifoso, deve essere ritenuta particolarmente violenta e grave per il luogo in cui è stata perpetrata».
Aggiungendo che «la furia del Di Pio e del complice (a cui i carabinieri di Montesacro danno la caccia, ndr) è stata determinata da futili motivi connessi all’esito di una partita di calcio» e che se lasciato in libertà, Di Pio «possa commettere nuovi reati, con esiti persino più gravi». L’arresto del 34enne è scattato giovedì. I carabinieri guidati del tenente Marco Zavattaro hanno bussato alla sua porta ai lotti di San Basilio e lui ha provato a difendersi: «Non c’entro niente, mi sveglio alle 5 per andare a lavorare». Ma le testimonianze del custode le descrizioni di altri teste («capelli corti rasati, barba ben definita, occhiali da sole») e le immagini riprese dalle telecamere di zona (nell’impianto non c’erano) lo hanno incastrato. Di Pio è il terzo portiere del team e quel giorno era in tribuna perché non convocato.
Le indagini dei militari di San Basilio, coordinate dal pm Eugenio Albamonte, erano partite tra molte reticenze, subito dopo l’aggressione avvenuta al termine del match Virtus Olympia – Atletico Torrenova. Il lunedì la squadra aveva anche preso le distanze dai fatti con un comunicato. Ma già durante l’incontro erano volati insulti dagli spalti verso la giacchetta nera della sezione Aia di Aprilia e dei suoi due assistenti, bersagliati dalle minacce: «Voi da qui non uscite». Frase che era stata rivolta dai giocatori espulsi anche a un guardialinee.
Dopo il fischio finale, mentre la terna guadagnava lo spogliatoio, in quattro hanno scavalcato il cancello che isola l’area tecnica e in due hanno colpito Bernardini: il primo gli ha sferrato uno schiaffone a mano aperta sul volto all’altezza dell’orecchio destro che lo ha fatto barcollare; il secondo – identificato in Di Pio – lo ha colpito un’altra volta, allo stesso modo, facendolo cadere e sbattere con la nuca al suolo.
SALVATO DALL’EX ULTRÀ Riccardo sembrava morto, è stato soccorso salvato da un dirigente dell’Atletico, l’ex ultrà della Lazio Yuri Alviti, che «si piegava sul ferito e gli inseriva le mani nel cavo orale per evitare che, privo di sensi, inghiottisse la lingua», scrive il gip. E poi dall’ambulanza. Tra i primi ad accorrere anche la mamma, Fiammetta, e la fidanzata, Beatrice. Il ragazzo, che è uno studente di Ingegneria Gestionale a Roma, ha riportato una prognosi di 60 giorni, poi allungata a 90. «L’arresto di uno degli aggressori è una bella notizia – afferma la signora Fiammetta – ma Riccardo è ancora provato. Ha dovuto fermarsi con gli studi e per quest’anno di arbitrare non se ne parla anche se ha sempre gli scarpini pronti. Ha mal di testa e capogiri.
Non provo rancore per gli aggressori, ma quell’immagine di mio figlio a terra non si cancella. E se è vero che chi lo ha ridotto così faceva parte del contesto sportivo, allora, chiedo che le Leghe calcio, dalle maggiori alle minori, insieme con la Figc, adottino misure drastiche anche nei confronti delle squadre, altrimenti non cambierà mai nulla. Le aggressioni agli arbitri continuano, un altro tifoso è morto a Milano: il ministro Salvini ha convocato una riunione ad hoc lunedì al Viminale, servono provvedimenti radicali». Gli inquirenti sono convinti che tra chi ha minacciato e chi ha scavalcato, ci siano persone orbitanti nella sfera della società. Uno sarebbe stato in panchina perché infortunato. L’altro che ha colpito l’arbitro – tra i 25 e i 30 anni – potrebbe appartenere all’entourage del team.