Qual è il ricordo che la lega di più a Roma?
“Io sono romano, ho giocato per l’ASD Almas e poi alla Roma per sei anni, sei anni bellissimi, che sono stati di fatto l’inizio della mia carriera. Credo che partire dalla propria città, esordendo nella squadra locale sia davvero il massimo per un giovane. Regala sensazioni uniche, che difficilmente capisce chi esordisce altrove”.
E cosa la lega di più a Milano? “A Milano mi legano i sentimenti. A Milano ho conosciuto la mia attuale compagna e lì sono nati, e tuttora vivono, i miei figli. Ho vissuto lì per 30 anni. Per ciò che riguarda l’esperienza al Milan, la considero la più duratura della mia carriera e anche quella di fatto conclusiva. A parte la breve parentesi di Barletta, potremmo dire che, se a Roma ho iniziato a giocare a calcio, a Milano ho smesso di farlo”.
Ci racconta di quando, ad un certo punto, appende gli scarpini al chiodo, e scopre una grande passione per i fornelli… “In realtà la mia passione per la cucina è nata molto prima di quella per il calcio. Già quando avevo otto o nove anni cucinavo con mia nonna e mia madre, mi piacevano i colori, i profumi e i sapori. Adoravo le lenzuola bianche su cui mia nonna stendeva la pasta. Che puntualmente rubavo. Poi c’è stata la parentesi del calcio, durante la quale ho comunque continuato a coltivare la mia passione per la cucina. Ricordo che addirittura in ritiro cucinavo per i miei compagni di squadra. Quando ho smesso di giocare ho girato il mondo per formarmi come chef; ho iniziato all’estero con due ristoranti, nel 1999 mi hanno affidato la gestione del punto ristoro del Milan point. Poi sono approdato alla caffetteria Santo Stefano, vicino al Duomo di Milano. È stata un’escalation. Ho imparato a stare in cucina con l’esperienza”.
Come e quando è nata l’idea di Misterchef? “È nata una sera a cena con gli amici del media center della Roma, David Rossi e Luca Pietrafesa, in particolare. Ho raccontato loro che i ragazzi che alleno mi chiamano “misterchef”, che quando siamo in ritiro mi chiedono di scegliere per loro un menù appetibile. Da questa conversazione è nato l’accoppiamento cucina-calcio. Roma TV è stata brava a prendere spunto dal mio racconto e a creare il format”.
Ci sono delle somiglianze fra il campo di gioco e i fornelli? “Sono davvero molto simili. Vi spiego come la vedo: quando arrivi alle 9:30 in cucina per cucinare un pranzo, stai preparando la linea, come con l’allenamento, che è fatto di esercizi per la gara. Poi alle 13 arrivano i clienti e devi calcolare circa due ore e mezzo di forte pressione, devi dare da mangiare a moltissime persone in pochissimo tempo. Comporta alti livelli di attenzione e concentrazione. E questo è simile alla partita, in cui in un’ora e mezza metti sul campo tutto ciò che hai fatto prima in preparazione. La brigata è la mia squadra, i ragazzi vengono messi sotto torchio quando lo meritano e gratificati altrettanto”.
Che partita sarà il big match Roma-Milan e quale piatto potrebbe descriverlo? “Sarà una sfida importante perché entrambe le squadre sono al secondo posto in classifica, ed entrambe hanno un obiettivo diverso dal pareggio. La Roma è favorita perché gioca in casa, ha poco pubblico, ma percepisce comunque la spinta dei tifosi. È poi una squadra esperta, il Milan, al contrario, ha una formazione più giovane. Questo ovviamente non deve trarre in inganno, il Milan farà il suo gioco per imporre la sua vivacità. Se devo pensare ad un piatto che possa descrivere il match direi un risotto allo zafferano con carciofi romani e gamberetti. Il risotto allo zafferano tipico del milanese, i carciofi che appartengono alla più risalente tradizione romana e i gamberetti che rappresentano la nostra penisola. Un crostaceo semplice e per noi italiani, al di là dei colori, emblematico”.