La prima volta che ha parlato da neo romanista a un giornalista ceco ha fatto scoppiare un putiferio. Schick raccontava già della sua voglia di giocare in futuro in club più grandi, della scarsa voglia di sacrificarsi in fase difensiva, di Giampaolo «che non sapeva neppure chi fossi», di sedie prese a calci dentro casa per sfogare la rabbia di troppe panchine alla Samp. Stavolta è tornato in patria per la convocazione della nazionale e, al primo giorno di raduno, ha fatto un nuovo punto della situazione con i media al seguito della Repubblica Ceca che giocherà la China Cup contro Uruguay e una fra Galles e la nazionale padrona di casa. L’attaccante si è confessato in modo onesto, senza far finta che tutto stia andando bene per lui (perché così non è), ma con toni e pensieri decisamente più umili rispetto a quell’intervista-terremoto di inizio settembre, quando pensava che l’inserimento nella Roma potesse essere molto più semplice. «L’inizio non è stato come lo immaginavo – ammette Schick – non mi aspettavo di subire così tanti infortuni. Ho avuto problemi al cuore e ho saltato la preparazione, poi ho avuto troppa fretta, volevo dimostrare tutto subito ma i miei muscoli non erano ancora pronti».
Da qualche settimana i fastidi muscolari sembrano passati, eppure Patrik non è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista nella Roma. Finora ha messo insieme solo 5 gare da titolare in campionato, più una in Coppa Italia col Torino dove è arrivato l’unico gol, neppure un minuto in Champions. «Non è facile – prosegue Schick – sto vivendo un’esperienza del genere per la prima volta e non ho intenzione di mentire: non è una bella situazione. Ma credo che quando mi sarò allenato con continuità e riuscirò a segnare, girerà per il meglio». Il problema, adesso, si è spostato nella testa: «Sento ancora la pressione, sono stato uno degli acquisti più costosi in Italia (il più caro della storia della Roma con 42 milioni di euro complessivi, ndr) e in una città come la Capitale che vive di calcio è ancora più dura». La parte più incoraggiante della «confessione» di Schick è sui propositi futuri: «Andarmene? Non è un’opzione possibile e non ci voglio neppure pensare. Mancano diverse partite alla fine della stagione, abbiamo pescato il Barcellona in Champions e farò di tutto per esserci in campo». Non sarà facile, però, convincere Di Francesco. Bocciato l’esperimento da esterno alla destra di Dzeko («non è la mia posizione ideale» conferma il ceco), quando lo ha sostituito contro il Milan è apparso in difficoltà anche nei movimenti da centravanti: Schick è una seconda punta e nel 4-3-3 un ruolo perfetto per esaltare il suo talento – che a Trigoria tutti riconoscono in allenamento – non c’è. Intanto Dzeko più che un rivale è la colonna a cui si appoggia. «È il mio più grande amico in squadra, parla ceco e mi aiuta a capire, cerco di imparare ogni giorno da lui qualcosa».
Anche Edin è in nazionale e dalla Bosnia fa sapere che «il Barcellona è favorito in Champions e se giochiamo da squadra possiamo fare bene». Nainggolan, invece, è riapparso ieri a Trigoria. Nessun caso: il ct Martinez aveva dispensato tutti i convocati con più di 2500 minuti stagionali nelle gambe dai primi giorni di ritiro del Belgio, Radja è voluto comunque partire domenica sera per «farsi vedere» dopo i tanti problemi del passato, oggi potrebbe allenarsi alla ripresa con la Roma e domani sarà di nuovo insieme ai Red Devils, per poi giocare l’unica amichevole in programma il 27 a Bruxelles con l’Arabia Saudita. Una sorta di test Mondiale, che il Ninja vuole superare a tutti i costi.