A Ci pensa il capitano, il malconcio De Rossi a tenere in vita la Roma verso la zona Champions. Una gran bella storia di sport, se vogliamo, Ed è giusto che la firma sulla vittoria sia quella del simbolo della Roma. Un uomo infinito. Anche di sentimenti, vedi il sincero abbraccio pre gara all’ex Walter Sabatini. Un successo tutto da raccontare, anche per la storia di un protagonista diretto/indiretto dei tre punti: Patrik Schick, prima dolore e poi gioia della gente romanista.
LA METAMORFOSI – Come per magia, Roma – nella prima frazione – più squadra rispetto alle ultime, orribili prestazioni. Un po’di ordine tattico,qualche lampo di gioco, un paio di giocate e l’uomo campa. Solo che, nonostante tutto questo, pochi pericoli per Audero, aitante portiere doriano. E, sotto questo aspetto, non si può non dire qualcosa sulla prestazione di Schick, chiamato a guidare l’attacco con Dzeko (inizialmente) in panchina. Ci si aspettava, per una dose infinita di motivi,che il ceco riuscisse finalmente a proporre una partita vera, da protagonista contro la sua ex squadra; invece, Patrik per un tempo non si è presentato. O meglio; c’era ma non si è visto. E quandosi è visto, è stato solo per alcune giocate al rallentatore o avviate verso l’inutilità.
E, allora, uno fa l’ennesima riflessione,stavolta dettata anche dal più o meno recente passato: sta a vedere che ‘sto ragazzo è davvero più un peso che una risorsa per la Roma? Se gioca in tandem con Dzeko non la becca mai; se gioca da solo al centro dell’attacco idem. Da sempre, o quasi. E, quindi, a che cosa serve?E il discorso, proprio perché legato alla partita contro la “sua” Sampdoria, assume una connotazione più critica. Per forza di cose. Non ci possono; anzi, non ci devono essere sempre giustificazioni per analizzare la faccenda.
Una domanda, però, sì: ma il suo mental coach è andato in pensione? Poi, però, le partite possono cambiare in un attimo.E tutto quello che è brutto diventa bello. Al volo. Schick nella ripresa diventa un altro, con Dzeko dentro forse sente meno responsabilità si inventa un paio di cose buone nel gioco aereo, si fa vedere, fa capire a compagni e avversari che lui c’è. E la rete di De Rossi nasce proprio grazie ad una sua capocciata, con pallone poi toccato dal capitano alle spalle di Audero. Un miracolo sportivo? No, solo questione di logica. Che nel calcio è spesso illogica.
FONTE: Il Messaggero – M. Ferretti