“Uno spettacolo vergognoso. Hanno mollato dopo un’ora, se giocassi come alcuni dei loro difensori valuterei il ritiro, davvero. E’ stato uno spettacolo vergognoso, i due gol segnati li tengono ancora in partita ma il Liverpool li ha puniti meritatamente. Basandomi sulla prestazione dell’altra sera non vedo come sia possibile rimontare. Certo, la Roma darà del suo meglio in casa, ma il Liverpool l’ha fatta a brandelli, hanno fatto 5 gol ma potevano segnarne 10. I Reds saranno certamente delusi per i due gol concessi nel finale, ma per la Roma non riesco ad immaginare una rimonta. Il Liverpool, come pensavo, è una squadra eccezionale per intensità, ritmo e qualità di gioco. Secondo me per la Roma non ci sarà scampo”.
Queste sono le parole di un Roy Keane rilasciate dopo aver visto Liverpool-Roma. Uno sgradevole personaggio che insiste sempre per essere “sempre sgradevole”. Con chi ce l’ha?
(da Ultimo uomo) Keane è sgradevole. Anzi no, riformuliamo: Keane fa di tutto per essere sgradevole, e se potesse lo sottolineerebbe ogni volta che apre bocca. L’episodio clou della sua carriera, l’agguato premeditato ad Haland, è un inno alla sgradevolezza. Riepilogo: in un Leeds-Manchester United del settembre 1997 Keane si rompe fortuitamente il legamento crociato anteriore in un contrasto con il norvegese Alf-Inge Haland, che nella concitazione della partita pensa che Keane stia simulando per evitare di essere ammonito e gli si rivolge a brutto muso mentre lui si contorce a terra dal dolore. Decine di film di Scorsese, Sergio Leone e compagnia ci hanno insegnato che gli irlandesi non dimenticano. Haland passa al Manchester City e Keane lo ritrova in un derby dell’aprile 2001: sul risultato di 1-1, a pochi minuti dalla fine, gli entra a sangue freddo sul ginocchio destro, rimediando un cartellino rosso diretto dinanzi al quale non abbozza la minima protesta. Viene punito con 5 mila sterline di multa e tre giornate di squalifica, a cui se ne aggiungono altre cinque nel 2002, quando Keane scrive nella sua sgradevole autobiografia che si era trattato di un intervento premeditato, alla luce di ciò che Haland gli aveva urlato quattro anni prima. L’episodio è passato alla storia come “quella volta che Keane mise fine alla carriera di Haland”, ma non è andata così. Haland terminò quella partita sulle sue gambe e giocò titolare anche nella gara successiva contro il West Ham, prima di chiudere in anticipo la sua stagione; poi l’anno dopo, effettivamente, giocò solo tre spezzoni di gara con il City retrocesso in Championship e la sua carriera finì lì. Ma lo stesso Haland, per quanto amareggiato e psicologicamente turbato dalle parole di Keane, ha scritto sul proprio sito Internet che non fu quel fallo a interrompergli la carriera, già compromessa per problemi cronici al ginocchio sinistro, neanche sfiorato dai tacchetti di Roy.
Ecco, Roy Keane è uno che il concetto di vendetta l’ha preso molto sul serio, essendoselo ritrovato nel DNA fin dalla nascita. D’altronde, il sangue irlandese non è mica roba facile da spiegare. Roy Keane è forse quello che, se dovessimo raccontare ai nostri figli cosa significa la vendetta, utilizzeremmo come esempio.
Ma a questo punto, perchè queste dichiarazioni sui difensori della Roma? Con chi si deve vendicare? Bah, personaggio alquanto inutile direi!