Ah, questa squadra troppo prodiga che appena ritrovata viene di nuovo perduta. E’ la sfortuna elevata a sistema, dai sorteggi europei agli infortuni disseminati per la stagione con accorto masochismo. Pare non sia colpa di nessuno se la Roma affronterà domenica la Juventus chiamando a raccolta i riservisti. Va bene, è colpa in parte di Kevin Strootman che si è messo a giocare a campana nell’area della Lazio vincendo due giornate di squalifica. Il resto va attribuito alle onde maliziose del destino.
SPERANZA – Edin Dzeko si è strapazzato un polpaccio ed è comprensibile dopo 3.862 minuti disputati nel corso di questa stagione, più recuperi sparsi. Sono 37 gol in 49 partite che svolazzano via come i dollari di zio Paperone nei periodi di magra. Il problema è che tutto questo accade nell’attesa della Juventus che adesso fa tremare il mondo, che con un pareggio – ma scommettiamo che non si accontentano? – si prendono lo scudetto all’Olimpico e per di più in una partita che la Roma avrebbe bisogno di vincere casomai il Napoli passasse festoso a Torino davanti ai granata. Qualcosa bisogna fare. Qualcosa di non troppo illogico e tenendo presente che pure Radja Nainggolan e Diego Perotti in questo momento messi insieme non fanno un giocatore sano. Ciò che ha in mente Luciano Spalletti comunque non può prescindere dalla speranza che entrambi di qui a domenica tornino alla piena attività di servizio. Altrimenti bisognerà affidarsi alla fortuna, come si diceva amica fragile specialmente quando deve aiutare la Roma. L’unica alternativa valida alla presenza di Dzeko in campo, visto che al nome di Francesco Totti l’allenatore ha reazioni simili a quelle di una bibita frizzante appena agitata, sta nel ricostruire il tridente veloce di piccoli uomini riposto nel fodero in questa stagione per via della consacrazione giallorossa del centravanti puro e duro. Mohamed Salah a destra, Stephan El Shaarawy a sinistra e Perotti nel mezzo, più o meno, con licenza d’incidere ma anche di arretrare sulla trequarti e di spostarsi dove lo porta il fiuto. Nel campionato 2015-16 ha funzionato neppure male: Dzeko non girava, non a sufficienza, e quello schieramento, con poche varianti di posizioni, è stato inventato col pretesto di una contusione del bosniaco. Era il 2 febbraio 2016, la Roma batte il Sassuolo in trasferta e da quel momento in avanti il modulo a tre punte viene proposto in 11 partite: 9 vinte, 2 pareggiate, 30 gol realizzati in quelle gare sugli 83 totali della Roma.
INTUIZIONI – Che poi la squadra abbia avuto bisogno comunque delle trovate hollywoodiane di Totti nel finale di campionato per arrivare terza è altra storia. Il tridente leggero, chiamiamolo così, si è quasi estinto in questa stagione a causa di un altro fenomeno naturale, cioè il fatto che Dzeko si è messo a segnare come un disperato. Due apparizioni verso l’inizio del torneo, un pari e un successo. Quindi è diventata una semplice costruzione mentale del tutto priva di utilità pratica. Non fosse che adesso sembra essere l’ultima carta valida rimasta nella mano indebolita di Spalletti. Non verrà piegata in tavola nell’abituale conformazione a rombo, con le ali alte e Perotti falso nove, in realtà vertice alto del rombo. Invece, in mancanza di altri guai, Spalletti piazzerà Daniele De Rossi e Leandro Paredes davanti alla difesa e sbriglierà Nainggolan a intuire i momenti giusti per inserirsi. Perotti che scende, il belga che sale, il viceversa e gli altri due che puntano in velocità gli esterni avversari. E’ esattamente così, con Callejon, Mertens e Insigne, che il Napoli ha messo in difficoltà la Juventus e in Coppa Italia l’ha persino battuta, una volta estratto Milik che s’intristiva tra i grossi Benatia e Bonucci. Hai visto mai che stavolta la sfortuna della Roma non venga per nuocere.