Questa volta, salvo colpi di scena, la Confindustria del pallone troverà la soluzione al rebus della vendita dei diritti televisivi del massimo campionato di calcio per il periodo 2018-2021. Lunedì 28, per l’ennesima volta, i presidenti dei 17 club di Serie A (le tre squadre retrocesse, Benevento, Verona e Crotone non sono coinvolte) saranno chiamati attorno a un tavolo per votare la risoluzione del contratto che al momento li lega a Mediapro, l’intermediario spagnolo che si è aggiudicato per 1,05 miliardi la gestione e la rivendita dei diritti. Finora il fronte capitanato dalla Lazio di Claudio Lotito ha retto l’urto delle altre big del campionato (Juventus, Napoli, Roma e Inter), pronte a stracciare le carte e a lanciare un terzo bando di gara rivolto ai soli operatori industriali o ad andare a trattativa privata con Sky Italia e Perform/Dazn.
Di fatto ci sono uno o due voti decisivi (Torino e Chievo?). Ed è questo il cruccio del weekend, il primo dopo la conclusione del campionato vinto ancora dalla squadra di proprietà della Exor degli Agnelli. I contatti tra presidenti, esponenti della Lega e gli sherpa, sono stati costanti, le riunioni informali continue e le telefonate infinite. Ma ora pare che il quadro sia più definito: ora dopo ora prende corpo la possibilità che il rapporto con Mediapro (controllata al 53% dalla cinese Orient Hontai) si chiuda, rinunciando così alla cifra record messa in busta, ma non nel piatto, dagli iberici di Jaume Roures che finora hanno versato i 64 milioni della caparra, ma invece di depositare la fideiussione da 1,2 miliardi (il termine per la presentazione scadeva il 26 aprile) ha proposto come garanzia la visibilità del patrimonio della capogruppo Imagina (400 milioni) e altri 186 milioni da versare nell’arco di pochi giorni.
Insomma, parole e promesse, non fatti certi, tantomeno assegni. Ed è per questa ragione che, con ogni probabilità, alla fine passerà la linea dura anti-spagnoli. Anche se poi da questa scelta ne deriverà immediatamente un’altra: la causa per inadempienza contrattuale che Mediapro avanzerà nei confronti della Lega del presidente Gaetano Miccichè per il modus operandi della stessa. Insomma, un fronte legale che non gioverà all’immagine di una già disastrata Confindustria pallonara costretta a nominare un commissario straordinario, Giovanni Malagò, presidente del Coni, che sin dall’inizio era favorevole a riallacciare i rapporti con Sky. Alla fine, nonostante i mugugni di alcuni presidenti di club, convinti che il monopolio della tv satellitare alla lunga possa nuocere al calcio e ancor di più alle casse della Lega e quindi a quelle delle stesse squadre di A, un unico operatore, o meglio un player dominante, determina le regole del mercato. Si tornerà all’antico, ossia a cercare un accordo con il principale operatore televisivo privato che da anni investe miliardi in Italia (dal 2003 a oggi quasi 20 miliardi) e nel calcio (dal 2012 al 2018, ha garantito 3,41 miliardi). Una Sky che, va detto, senza calcio non avrebbe la possibilità di conquistare spazio sul mercato – è leader indiscussa in Inghilterra e Germania – e che deve per forza aggiudicarsi le immagini del massimo campionato di calcio e probabilmente anche quelle della Serie B, dopo aver riconquistato la Champions e l’Europa League ai danni di Mediaset Premium. E che le intenzioni della tv guidata da Andrea Zappia siano bellicose lo dimostra l’accordo commerciale stipulato il Venerdì Santo proprio con la piattaforma a pagamento del Biscione, bruciando al fotofinish la stessa Mediapro. L’accordo, per ora commerciale, prevede che tra novembre e dicembre il network di Cologno Monzese possa esercitare l’opzione di vendita del capitale della newco R2 nella quale son stati conferiti gli asset industriali di Premium (è aperta presso uno studio legale milanese la data room per valutare la neonata società) e quindi fare l’en plein. Per garantire però alla Serie A un introito importante ma non certo uguale a quello prospettato da Mediapro, Sky è pronta a fare un’offerta rilevante di almeno 800 milioni per le immagini sul satellite e sul digitale terrestre.
Ma siccome la legge Melandri prevede la regola del «no single buyer rule», la pay non può fare man bassa di diritti. Per questo entrerà in scena Perform che con un’offerta di 100-150 milioni porterà anche in Italia la piattaforma OTT Dazn (circa 30 dipendenti). In questo modo non ci sarà monopolio. Anche se così, come fanno notare Lotito e Urbano Cairo, la Lega incasserà meno: 1,3-1,35 miliardi rispetto agli 1,45 miliardi inizialmente preventivati (compresi diritti esteri e Coppa Italia). Un danno, comunque, per i club, a partire dalla Juve che con la nuova ripartizione definita dall’ex ministro Luca Lotti perderà tra 40 e 50 milioni su base triennale.