È un bel tipo, Paulo Fonseca. Giovane uomo sorridente, «perché il calcio è un gioco e spesso ce ne dimentichiamo», giovane allenatore ambizioso, «perché non mi piace vincere giocando male. Non sono un risultatista, si dice così?». Classe ’73, è arrivato allo Shakhtar dal Braga che con lui ha vinto una coppa portoghese. Adesso, dopo aver eliminato il Napoli e battuto il Manchester City, contende alla Roma i quarti di Champions.
Domanda originale: chi toglierebbe a Di Francesco? “Totti, per fortuna non gioca (ride, ndr)”.
Seriamente? “I giocatori sono tanti. Ma quello che più mi piace della Roma è l’identità: aggrediscono alto, recuperano palla velocemente, tengono le linee compatte. Ce la giochiamo cinquanta e cinquanta. Il nostro svantaggio è la lunga inattività”.
L’ha sorpresa il giovane Ünder? “Dico la verità, sì. Non lo conoscevo, è fortissimo. Ho letto che forse non sarà titolare ma non ci credo”.
Shakhtar-Roma è una sfida tra filosofie societarie simili: si scommette, si valorizza, si vende. E’ d’accordo? “Analisi corretta. Però c’è una differenza. Noi non abbiamo l’appeal di Roma e del campionato italiano, diventa quasi impossibile portare in Ucraina i calciatori già affermati o trattenerli quando diventano campionissimi”.
Fred, il faro di centrocampo, è il prossimo partente. Andrà al City. “Ma gli ho parlato, so per certo che darà il massimo per lo Shakhtar fino all’ultimo giorno. Come Bernard, che è in scadenza di contratto”.
Come fate a vivere sempre in trasferta? “Non è così. Donetsk è lontana ma i tifosi dello Shakhtar sono ovunque in Ucraina. E qui a Kharkiv ci sentiamo a casa, è il nostro giardino”.
Però vivete tutti a Kiev. Come fa un allenatore latino ad adattarsi all’Ucraina? “E’ stato meglio di quanto pensassi. Merito di una grande società e di una città vivibile. Lo stesso vale per i tanti giocatori sudamericani”.
Allenerà in Italia un giorno? “Perché no, chi non vorrebbe lavorare nel vostro Paese?”.
Il suo, di Paese, ha uno dei migliori allenatori, Mourinho, e forse il miglior calciatore, Ronaldo. Come lo spiega? “Da noi esiste il calcio prima di Mourinho e dopo Mourinho. Parlo di cultura del lavoro. Ma il vero rivoluzionario è stato il professore universitario Vitor Frade. Con la sua metodologia di allenamenti divisa in periodi, ha cambiato tutto. Noi abbiamo dieci milioni di abitanti e un grande numero di tecnici bravi, specie nel settore giovanile. E così fenomeni come Ronaldo vengono messi nelle condizioni ideali per crescere”.
Come spiega a un giovane il suo calcio? “Gli dico provaci. Prova sempre a dominare l’avversario, a tenere il controllo del pallone. Se non posso giocare 90 minuti davanti all’area avversaria, voglio almeno gestire il gioco. Vincere non è abbastanza”.
Uhm, c’è tanto di Guardiola? “Anche di Sarri, che seguo dai tempi di Empoli. Se penso che ho vinto con tutti e due… Ma poi ci metto qualcosa di mio, perché ognuno ha le sue idee. L’80 % delle squadre gioca con il 4-3- 3 e simili. Ma ogni squadra è differente. Il 4-2-3-1 di Di Francesco è diverso dal mio, ad esempio”.
Lucescu sostiene che lo Shakhtar abbia ripreso a vincere quando è tornato a giocare come ai tempi suoi. “Le rispondo che con Lucescu si difendeva a uomo e si giocava in contropiede. A me sembra che, a parte gli uomini, la squadra abbia cambiato la mentalità al 99 %. Non so se in meglio. Ma di sicuro è diversa”.
Chiudiamo con la gag di Zorro. Come le è venuta in mente? “La notte di Halloween un giornalista mi ha chiesto: quale maschera indosserai? Zorro, ho risposto. Mi piaceva da bambino perché in una famiglia povera travestirsi da Zorro è facile. Allora ho scommesso con il club: se avessi passato il turno di Champions, sarei andato davanti ai giornalisti con la maschera”.
E se elimina la Roma? “Non lo so, forse invento qualcos’altro”.