L’ex assessore Berdini torna a parlare del progetto “stadio della Roma” esternando tutte le sue perplessità:
Roberta Lombardi non ce l’ha fatta. Questo risultato la stupisce? “No. In giunta lo dicevo sempre: o lanci qualche segnale di cambiamento nel primo anno e mezzo oppure è finita. Poi iniziano le polemiche, è normale, è questa la dialettica. La città si è accorta che c’è un’incompetenza, una inesperienza, un’arroganza, un insieme di fattori che stanno portando la città alla paralisi. Questa mancanza di coraggio è stata avvertita anche dai romani”.
Luca Lanzalone? “È un avvocato dalla carriera importante. Quando arriva a Roma per la prima volta non conosce nessuno, alla prima riunione se ne va dalla città la sera stessa. Quindici giorni dopo diventa presidente di Acea. Persona degnissima. Ma dopo aver risolto la questione dello Stadio della Roma e aver provocato le mie dimissioni viene premiato. Questo la dice lunga sulla struttura del potere nell’era Cinque Stelle. Mentre nel caso precedente parlavamo di interessi romani, lui rappresenta un più vasto sistema bancario che ha ritenuto che fosse il momento di portare a casa una carica come la presidenza di Acea”.
La sua carriera è stata influenzata da questi poteri? “Assolutamente. Sono stato scavalcato. In numerose interviste e in due giunte di fuoco avevo denunciato il ruolo di Marra (Raffaele Marra, ex capo del Personale e braccio destro di Virginia Raggi, ndr). Il giorno del suo arresto penso che sia finito per sempre un brutto momento. E invece sono io a pagare. Arriva Lanzalone e in 15 giorni chiude i giochi sullo stadio. Roma ha sperato che con Raggi ci fosse discontinuità e invece questa è l’eterna continuità del potere romano”.
Nemmeno Marra? “Marra non ha nominato alcun consulente per il mio assessorato. Ma questo non ha cambiato niente. Il vero ostacolo l’ho incontrato dopo il suo arresto. Sapevano che non avrei mai raggiunto una mediazione sullo stadio. Mi hanno sorpassato consapevolmente per mettermi nelle condizioni di togliere il disturbo”.
Oltre l’episodio delle sue dimissioni, cosa rappresenta per Roma aver dato il via libera ad un’opera come quella? “Ero contrario allo stadio ancora prima di diventare assessore. Ma quando ho letto le carte il mio sguardo è diventato ancora più critico. Un esempio: 7 milioni di euro di spesa per le pompe idrovore a carico della cittadinanza. E in cambio io ti concedo cubature. Tutto questo votato in consiglio comunale. Avevo chiesto agli operatori di prendere in considerazione un altro luogo ma la proposta non è stata accettata perché è lì che avrebbero guadagnato con la plusvalenza”.
Quindi non era contro la costruzione dello stadio. Ma contro la sua realizzazione a Tor di Valle? “Quello è un posto sbagliato. Un imprenditore serio avrebbe trovato il modo di guadagnare anche altrove, non sono un talebano. Ma non hanno accettato e questo la dice lunga sulla classe dirigente romana”.
Lo stadio sì, le Olimpiadi no. Si è dato una spiegazione? “Non riesco a trovare una ragione. La sindaca aveva in mano una carta importante. Era una sfida che si può vincere o perdere ma poteva essere utile alla città per effettuare lavori di manutenzione e per realizzare 5 linee di tram. E il progetto poteva ancora essere discusso. Poi arriva il post sul blog di Beppe Grillo che dice di no alle Olimpiadi del mattone e Berdini viene accusato di essere il cavallo di Troia di questa operazione. In questo modo offendono anche la dignità delle persone, ho una vita coerente a riguardo e non cambio perché sono assessore”.