C’è una domanda che interroga da giorni i tifosi romanisti e più in generale tutti i cittadini di Roma. Con l’intento di farsene interprete, Massimo Giletti l’ha rivolta l’altra sera in tv alla sindaca Virginia Raggi. Le ha chiesto: lo stadio si farà? Il primo cittadino ha deglutito come se inghiottisse un rospo, poi ha cercato di spiegare che la sua amministrazione ha fatto di tutto, ma proprio di tutto, per far abortire il progetto, ma in troppi, e tra questi il suo ex assessore Paolo Berdini, hanno cospirato per farlo avanzare. E se ora lo stadio non si ferma, ha fatto intendere Virginia Raggi, è per evitare una responsabilità erariale. C’è il rischio, cioè, che il Comune debba risarcire la Roma per gli impegni precontrattuali non mantenuti, e che poi gli attuali amministratori siano chiamati a rispondere dalla Corte dei Conti.
Che la sindaca sia stata presa alla sprovvista, che cioè non si aspettasse la domanda, è da escludersi. Che si sia trattato di un malinteso, che cioè Giletti le chiedesse del futuro e lei abbia risposto rimestando nel passato, è possibile. Che la nostra interpretazione sia altrettanto equivoca, lo mettiamo in conto, vista l’intrinseca oscurità delle parole di Virginia Raggi. Ma in un caso o nell’altro, la domanda resta lì, senza risposta. Sospesa tra le nebbie di un discorso pubblico che, tra inchieste giudiziarie e arresti, valzer di assessori, reticenze ideologiche e veleni paralizzanti, somiglia sempre più a una palude.
Lo stadio si farà o no? C’è un primo cittadino che è pronto a garantirlo a una Capitale già orfana delle Olimpiadi, dove le opere pubbliche rischiano di essere una memoria ingiallita, e dove perfino la riqualificazione e la manutenzione urbana sembrano un lusso? Da noi consultata per un’intervista, Virginia Raggi ha declinato l’invito. Alla vigilia della visita che stamattina il Papa farà in Campidoglio, e alle prese con l’ennesima emergenza rifiuti, è comprensibile che la sindaca non avesse molto tempo per dedicarsi a un confronto chiarificatore. Né ci risulta che sia intervenuta a correggere con qualche dichiarazione il malinteso, se di malinteso si tratta.
Però, a voler interpretare i fatti, tutto lascia pensare che l’atmosfera attorno allo stadio si sia fatta nuovamente pesante. Eppure, l’inchiesta penale aperta dalla Procura di Roma sugli episodi di corruzione che avrebbero coinvolto imprenditori e politici esclude chirurgicamente la società sportiva e l’iter amministrativo del nuovo impianto. Che ha attraversato tre giunte comunali (Alemanno, Marino e Raggi) e un commissario straordinario, è stato giudicato di interesse pubblico per la città da due consigli comunali, è stato poi vagliato e approvato da altrettante conferenze dei servizi e, da ultimo, ha avuto un parere positivo circa la viabilità da parte del Politecnico di Torino, interrogato specificamente dalla sindaca.
A pensare male, a nostro avviso, si sbaglia sempre, contrariamente a quanto recita il celebre detto. Però il contorcimento emotivo di Virginia Raggi l’altra sera in tv, il suo ribadire che una nuova analisi tecnica sulla regolarità degli atti è stata da lei commissionata, ci sono parsi un tentativo di gettare la palla in tribuna, per arrivare prima possibile al novantesimo, con uno zero a zero che è un risultato troppo modesto per questa meravigliosa città. Ci è parso soprattutto che il suo orizzonte di riferimento in quel momento fosse quello dei malpancisti che hanno per le opere pubbliche un’idiosincrasia preconcetta, e non quello dei cittadini della Capitale, che tutti, indistintamente, lei rappresenta. E allora non resta che sperare che la sindaca torni su questa vicenda e spenda una parola onesta e chiara sulle sue reali intenzioni e sugli impegni che è disposta ad assumere. Sarebbe il modo migliore per fare pulizia nella palude.