Ore 14, in Campidoglio finisce un convegno sugli anni d’oro della dolce vita e comincia una sessione molto poco dolce sugli scranni dell’Assemblea capitolina. Si dovrebbe parlare di alloggi popolari, in teoria, così recita l’ordine dei lavori, ma sarebbe una discussione lunare, l’argomento sulla bocca di tutti è la tempesta giudiziaria sul progetto Tor di Valle, la maxi-retata, gli arresti di politici e imprenditori, gli indagati anche in Consiglio comunale, il capogruppo M5S Paolo Ferrara, che si è autosospeso dal Movimento (al suo posto Pacetti) ma non molla la poltrona e si presenta comunque in Aula, e il forzista Davide Bordoni, che invece ieri non si è fatto vedere. E così la seduta neanche parte che subito il Pd chiede di mettere al centro della discussione il pasticcio dello stadio: «Raggi venga qui a parlarne, non si nasconda», incalza il dem Giulio Pelonzi e a ruota gli altri capigruppo. Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea, cambia spartito e l’affaire Tor di Valle si materializza nel dibattito tra gli onorevoli capitolini. La sindaca però no, non si presenta. E il Pd a quel punto abbandona l’aula.
La discussione dura poco, ma il dibattito, soprattutto nel M5S, è incandescente e destinato ad andare avanti ancora per molto. La buvette di Palazzo Senatorio diventa il collettore di sfoghi e riflessioni. I più morbidi, tra i grillini, fanno capire che il progetto stadio è più in salita che mai. Altri ammettono che non voterebbero la maxi-variante urbanistica agognata da Parnasi e dai suoi sodali. Angelo Diario, il presidente della Commissione Sport del Campidoglio (M5S), lo dice dritto: «Se il progetto è stato inficiato dal malaffare, e da quello che leggiamo sui giornali pare proprio di sì, allora è inevitabile fermarci, non si può andare avanti. I tecnici dell’Urbanistica stanno ricontrollando tutto, certo è vomitevole speculare sulla passione dei tifosi. Se i risultati delle indagini saranno confermati, queste persone dovrebbero scappare anche quando usciranno di galera». Pietro Calabrese, il pentastellato vicepresidente della Commissione Trasporti: «La fiducia è venuta meno e ricordiamo che quello del 2017 con i proponenti era un accordo fiduciario. Ora è giusto che si ricontrolli tutto, per capire se ci siano gli estremi per andare avanti o fermarci». Lo stesso dice Eleonora Guadagno, presidente della Commissione Cultura: «Aspettiamo i risultati della ricognizione sugli atti amministrativi, ma so che alcuni consiglieri sono contrari». Donatella Iorio, presidente dell’Urbanistica: «Non posso dire se a questo punto voterò a favore, aspettiamo le verifiche». Una cosa, dice, può essere esclusa da subito: «La variante non andrà mai in Aula entro l’estate», come M5S aveva previsto inizialmente.
L’ITER Fonti qualificate del dipartimento Urbanistica spiegano che, se mai l’iter dovesse disincagliarsi, cosa complicata, la variante urbanistica arriverebbe in Aula comunque non prima del 2019. Anche perché prima il progetto andrebbe rivisto, servono molti, molti più soldi per le opere pubbliche per la viabilità. Senza il ponte di Traiano, come dicevano al telefono intercettati i manager del gruppo Parnasi, «sarà il caos». Vanno quindi trovate alternative, in ogni caso.