Virginia Raggi, a caccia della ripartenza dopo essersi sentita contestare da parte del M5S i risultati ottenuti nella capitale, ora gioca a tutto campo. La sindaca rilancia sullo Stadio a Tor di Valle e prova a decifrare il futuro del Salva Roma, la norma che nelle speranze del Campidoglio dovrebbe trasferire al Mef gli oltre 12 miliardi di debito storico del Comune insieme al compito di ridiscutere i vecchi mutui.
Ieri la prima cittadina pentastellata è andata all’attacco sull’impianto che dovrebbe ospitare le partite dei giallorossi: “Basta chiacchiere, domani (oggi, ndr) è in programma un tavolo tecnico sullo stadio tra Campidoglio e club. Il mio unico interesse è che la Roma mantenga gli impegni con la città: prima le opere pubbliche per i cittadini, poi il campo di calcio”.
Prima l’unificazione di via del Mare e di via Ostiense, il potenziamento della Roma-Lido e solo dopo il nuovo stadio. Il Comune si sente sicuro. “Non molliamo su nulla”, ripetono da settimane dal dipartimento Urbanistica. Anche perché sul progetto ci sono le prescrizioni della conferenza dei servizi. “Mi auguro che domani la Roma porti una proposta definitiva e concreta”, è il pungolo di Raggi.
Un invito per scuotere la controparte da parte di chi, come si mormora in Campidoglio, sullo stadio non ha molto da perdere. Certo è che la visita di cortesia del club a Fiumicino dal sindaco dem Esterino Montino, come rivelato da Repubblica, ha dato fastidio ai 5S. Altrettanto chiaro, però, è che l’impianto con affaccio sul Tevere e il suo business park c’entrino poco con la “fase 2” appena varata dai grillini, incentrata sulla necessità di dare risposte veloci ai problemi delle periferie. In più c’è il problema della tenuta della maggioranza, che verrebbe messa a dura prova sul voto allo stadio.
Quindi la nuova tattica: giocare a carte scoperte. Poi, se la Roma non accetterà la sfida, sarà colpa sua. Addio, senza troppi rimpianti, a un progetto che ha prosciugato energie, scatenato inchieste, e che in fondo il vecchio Movimento d’opposizione non avrebbe mai approvato.
Dall’altra parte della barricata c’è il club che guarda esclusivamente al piano A, a Roma e a Tor di Valle. Ma resta il tema del timing: va bene quel che dice la sindaca, ma i giallorossi al tavolo ribadiranno che non è possibile subordinare l’inaugurazione dello stadio a possibili lungaggini burocratiche sui bandi per le opere pubbliche.
Oltre una certa data, il 2022 stabilito dal presidente James Pallotta, non si può andare. Se strade e treni non arriveranno entro i 28 mesi stimati per la realizzazione dello stadio, insomma, non possono rimetterci i privati. Idee che la Roma vuole mettere nero su bianco nella convenzione urbanistica da spedire in consiglio comunale.
Fronte Salva Roma. L’articolo del decreto Crescita — che non si discuterà prima di domani — veleggia verso la rimodulazione in Salva Comuni. Passa la Linea della Lega e dall’altra il Comune esulta per l’effetto del pressing sul M5S nazionale. “L’importante è che si arrivi al taglio dei tassi di interesse”, spiegano dal Campidoglio, dove i grillini restano alla finestra.
L’emendamento all’attuale Salva Roma formulato dal Consiglio dei ministri, quello che come sottolineato dal Comune 5S porterebbe al default palazzo Senatorio nel giro di tre anni, potrebbe infatti slittare ancora. La sindaca ha sentito i big del Movimento, conta di chiudere già domani la partita. Ma non è detto che a spuntarla non sia di nuovo la metà verde del governo, che spinge per inserire il Salva Comuni in un decreto ad hoc. Va bene aiutare Roma, ma non troppo.
FONTE: La Repubblica – L. D’Albergo