Come la piccola fiammiferaia, passeremo l’ennesima stagione a spiare le vetrine dei ricchi. Funziona così. I calciatori vengono alla Roma di passaggio o per una scelta di vita. Appena vogliono vincere se ne vanno alla Juve. Una scelta di non vita. Prendi i tre ex di sabato. Szczesny a Roma era un bel portiere, ma un mattacchione solista. Pjanic, il pianista, una mammoletta. Benatia grande sì, ma la testa altrove. Li travesti da zebre e diventano tre belve, il sangue che butta dagli occhi come la pipì rosa dal pisellino degli angeli.
Casi di trasfigurazione. Come se ne esce? Ti regali un manuale di mistica sulla bellezza della sconfitta e fai finta di crederci. La Roma è una favola a tristo fine. Il mancato gol di Schick. L’avrebbero applaudito (forse) anche i gobbi per quanto storia esemplare. Bastava poco, spostare la palla a destra nello spazio sconfinato e andare. Invece no. Aveva addosso la maglia sbagliata.