Voleva un difensore centrale e un esterno offensivo. Le storie di mercato, tra import ed export, non hanno reso possibili le integrazioni richieste e allora ha valorizzato ciò che gli era rimasto dentro casa. Eusebio Di Francesco ha svuotato la dispensa, recuperando le scatolette di cibo conservate per l’emergenza e le ha trasformate in un sapore gourmet.
MOTIVAZIONI – Non altrimenti si spiega il recupero di giocatori quasi ignorati da Spalletti e diventati preziosi, se non decisivi, nel nuovo corso. «Ho chiesto disponibilità al lavoro e al sacrificio, avvisando i ragazzi che per tutti ci sarebbe stata una possibilità. E così è stato». Li ha stimolati così, dal primo giorno del ritiro di Pinzolo, e ora sono tutti addestrati alla pugna come marines in abito giallorosso.
DIFFERENZE – Di Perotti, che con Spalletti aveva più o meno rotto i rapporti salvo poi regalargli la Champions all’ultimo tiro del campionato, parliamo diffusamente in altra parte del giornale. Difficile non notarne la differenza di rendimento dallo scorso anno. E non è casuale che abbia cominciato la stagione dal primo giorno, in Val Rendena. Perotti come tutti gli altri, i brasiliani.
SICUREZZA – Il portiere innanzi tutto. Alisson veniva dalla prima stagione italiana con zero minuti in Serie A, alle spalle di Szczesny che godeva dell’immunità tecnica. In questo inizio di stagione Alisson è stato uno dei punti di forza della Roma, sì da meritare le attenzioni del Paris Saint-Germain: un errore di Manolas gli ha impedito di tenere la porta chiusa per la decima volta in questa stagione tra campionato e Champions ma non di confermare il fregio provvisorio di portiere meno battuto della Serie A.
AMICI – Stesso percorso di riabilitazione psicologica e tattica hanno fatto i connazionali Bruno Peres e Juan Jesus, in difesa. «Sto imparando le diagonali» diceva candidamente il primo in estate, che a dimostrazione di uno spirito diverso sabato ha esultato per una chiusura su Lukaku sulla linea naturale come se avesse segnato. E non giocava nemmeno titolare, era entrato da poco al posto di Florenzi. Juan Jesus invece ha ripreso confidenza con le partite, soprattutto in Europa dove è stato l’unico difensore centrale sempre scelto nella formazione titolare, e ha dimenticato i fischi dei tifosi che lo scorso anno non gli perdonarono una serie di errori. Eccolo lì, allora, il difensore centrale che mancava, il ricambio per ogni occasione.
SCOPERTA – Ma il vero capolavoro di Di Francesco è Gerson, un ragazzino strapagato e strapazzato da mesi di gestione sbagliata. «Era colpa mia, non ero pronto» ha osservato il giovanotto dopo la doppietta di Firenze. Ma è incredibile, e non può essere solo dovuta a un’improvvisa maturazione, la distanza tra le (poche) prestazioni dello scorso anno e i minuti di quantità e qualità che Gerson garantisce oggi. A vent’anni ha svelato di non essere un abbaglio di Sabatini: di questo passo diventerà un giocatore molto importante.