I rigori li sbaglia solo chi li tira. Un adagio che però non rende meno facile, a volte, presentarsi a undici passi dal portiere. Ma può rendere più semplice perdonare chi ci prova, e magari ci riprova, anche se sbaglia. Succede a Toninho Cerezo il 2 marzo 1986, contro l’Inter all’Olimpico. È nato nel natale di Roma, il brasiliano, ha detto che il cuore di Dio è giallorosso.
I tifosi lo adottano, nel gennaio del 1984, contro la Sampdoria, lo consolano dalla saudade con un enorme striscione giallo come il sole e rosso come il cuore suo: “Vai Nessa Toninho, la torcida te da una força” (Vai Toninho, la curva ti dà forza).
I DUE RIGORI SBAGLIATI. All’Olimpico, di fronte all’Inter illumina il gioco giallorosso e al 19’ ha l’occasione di sbloccare la partita su rigore. Spiazza il portiere ma colpisce male e manda fuori. Poi, dopo il tiro sul palo preludio al secondo gol di Graziani, al 50’ Bergomi stende in area Gerolin. Cerezo non vorrebbe tirare il penalty, ma i compagni lo spingono. Si comportano da amici, vogliono che si prenda la rivincita. Cambia angolo ma il tiro parte troppo lento, Zenga intuisce e respinge. «Da un’altra parte sarebbe successo un macello. Invece all’Olimpico è andata in modo diverso – ha ricordato di recente in una lunga intervista al Romanista –. “Cerezo, Cerezo”, tutto lo stadio urlava il mio nome. [Anche] dopo la finale di Coppa dei Campioni persa in quel modo, i romanisti cantavano “Grazie Roma”. In nessun altro posto si trova gente così».
È proprio con i rigori che, dopo una lunga gestazione durata praticamente un anno, è iniziata la sua storia in giallorosso nell’estate del 1983. Servono i tiri dal dischetto per decidere la finale del Torneo di Amsterdam, appuntamento agostano contro il Feyenoord di Johan Cruijff, ma Cerezo non può batterli perché ha già regalato la maglia a un bambino a bordocampo. L’epifania che rivela l’uomo dietro al campione.
TRE ANNI INDIMENTICABILI – In tre anni alla Roma, vince due volte la Coppa Italia, gioca la finale di Coppa dei Campioni, tradito dai crampi nei supplementari, e gioca 104 partite segnando 25 gol. Non gli interessa essere protagonista, gli piace avvicinarsi all’area e regalare palloni puliti agli attaccanti. Di reti, così, ne ha fatte segnare tante a Reinaldo, il re dell’Atletico Mineiro, a Raì al San Paolo e a Pruzzo. E tanti ne farà segnare a Gianluca Vialli dopo aver lasciato Roma nel 1986 per unirsi alla Sampdoria migliore di sempre.
È la Roma di Eriksson, che ha idee diverse rispetto a Liedholm, che perderà uno scudetto praticamente già vinto contro il Lecce. Lo svedese gli concede un’ultima passerella, nella finale di Coppa Italia del 1986, proprio contro la Sampdoria. Eriksson, che ha un concetto molto personale su come far giocare la Roma, lo lascia in panchina fino al minuto 85. Cerezo soffre infatti dell’infortunio per cui dovrà saltare quel che sarebbe stato il terzo Mondiale della sua carriera, ma al primo pallone è l’apoteosi. Vede il cross pulito, capisce che Pruzzo avrebbe fatto la torre e allungato la traiettoria, si dà così il tempo per colpire di testa e trovare l’angolo. È la rete del 2-0 che ribalta l’1-2 dell’andata e cementa un legame sopravvissuto al tempo e alle stagioni.
La Curva Sud, in fondo, non ha mai smesso di dargli forza. «Non sono stato il più forte giocatore della storia della Roma – ha ammesso, come riporta il sito della Hall of Fame giallorossa – ma credo di essere stato il più amato».
HALL OF FAME. Forse per intuire quello che è stato, ed è tutt’ora, il rapporto di Antonio Carlos Cerezo con il pubblico giallorosso basta ricordare un aneddoto risalente al 24 agosto 2002. Il fuoriclasse brasiliano all’epoca sedeva sulla panchina dei Kashima Antlers e alla guida della squadra nipponica sbarcò allo Stadio Olimpico per un’amichevole. A cinque minuti dall’inizio della gara, Toninho sbucò dal sottopassaggio della Curva Sud con i caratteristici calzettoni abbassati, indossando la maglia numero 10 di Francesco Totti, per un giro di campo che mandò in visibilio i tifosi giallorossi.
«Prima di tutto vorrei dire che mi sento onorato di essere stato eletto nella Hall of Fame. Con immenso piacere ricevo questo riconoscimento. A distanza di più di 30 anni sono orgoglioso di avere fatto e di fare ancora parte di questa grande Società che si chiama Roma. Dopo tutti questi anni, ricevere questo riconoscimento dalla Roma e dai tifosi mi rende molto felice in questa fase della mia vita. Percepisco da voi che tutto il lavoro fatto insieme negli anni ’80 è tuttora presente nei nostri ricordi, ricordi che fanno parte della mia e della vostra storia. Ancora una volta grazie, mitica Roma. Vostro Cerezo… Bello come il Sole!!!», Toninho Cerezo.
FONTE: Il Corriere dello Sport – Il Cuoio