La firma ancora non c’è, la delegazione di Eurnova – la società di Parnasi guidata da un nuovo Cda dopo l’arresto del costruttore – tornerà oggi da Boston senza il contratto di «pre-accordo». Ma, dicono su entrambi i fronti della trattativa, la stretta di mano con James Pallotta vale per la chiusura dell’operazione: il «draft» sarà scritto dai legali nelle prossime ore e siglato per corrispondenza. È l’ultimo atto, dunque, di Parnasi & co nel progetto Tor di Valle. La sua società, travolta dall’inchiesta per tangenti e affidata a nuovi vertici (l’ad attuale è Giovanni Naccarato), venderà i terreni di Tor di Valle e tutto il progetto stadio al patron giallorosso. «Lo stadio sarà di proprietà di una holding dell’AS Roma», ha detto Pallotta.
Le cifre della cessione? 105 milioni, anche se il manager americano ne verserà 9 nella prima fase. Una caparra, in attesa di capire se la partita si chiuderà positivamente, per lui, anche sul campo del Campidoglio, dove diversi grillini ancora rumoreggiano sul «sì» alla variante urbanistica che regalerebbe ai proponenti cubature record per negozi, uffici e alberghi. Virginia Raggi ha ormai rinnegato la sua contrarietà al progetto stadio, bollato dal M5S come «speculazione» fino al 2016, e twitta a ripetizione che «lo stadio si fa».
DIRIGENTI «SOLLECITATI» Nel suo entourage, c’è chi ipotizza che si possa arrivare al voto della variante addirittura prima delle elezioni europee, anche Di Maio del resto è diventato un fan dell’operazione calcistico-immobiliare, nonostante l’inchiesta. I dirigenti capitolini, allora, sono stati «sollecitati» a schiacciare sull’acceleratore, si racconta negli uffici dell’Urbanistica, per chiudere la bozza di convenzione con i privati il prima possibile. Il dg della Roma, Mauro Baldissoni, è stato visto al dipartimento comunale diverse volte, in queste settimane. La parte più difficile è politica. Convincere cioè i pentastellati ancora perplessi ad avallare un progetto che, a questo punto, consegna al gruppo di Parnasi una discreta «plusvalenza», come già si dice nelle discussioni interne, perché il costruttore comprò i terreni a 42 milioni e ora la sua società li rivende a oltre il doppio, nonostante le accuse di tangenti.