L’ultima istantanea dell’Olimpico che si porterà dentro sarà di uno stadio interamente colorato da bandierine giallorosse. Così la Roma saluta il suo re, un re di cui non sa fare a meno dal 28 marzo del ’93 e che oggi entrerà per l’ultima volta nella sua vita in quello stadio sold out da settimane con addosso il simbolo della lupa. Poi, Francesco Totti potrebbe mettersi alle spalle una storia lunga 8.827 giorni, uno scudetto, quattro coppe e 307 gol: per sempre. In questi giorni tumultuosi, in questa notte in cui dormire sarà impossibile, nella sua testa frulla ingombrante l’idea di non arrendersi, di regalarsi ancora un po’ di calcio, anche se esotico. A Dubai (l’Al-Fujairah di Maradona) o in Cina: offerte non ne ha ricevute ancora, ma aleggiano. Soffiandogli in faccia cifre irrinunciabili: 10, 15, 20 milioni per i suoi ultimi gol. Vero? Chissà.
La moglie Ilary ha già detto che si può fare, i familiari non escludono l’ipotesi. Deve convincersi lui, che il coraggio di chiudere con la Roma – rinunciando a 6 anni da dirigente a 600mila euro a stagione – non l’ha ancora trovato. Chissà se questa notte senza sonno («Non dormirò» ha detto ieri) gli ha fatto cambiare idea, come il ricordo delle centinaia di tifosi che hanno invaso il centro di allenamento – pure qualche daspato che non potrà essere allo stadio – per un pellegrinaggio laico con uno striscione lungo cento metri. Stasera i 65mila dell’Olimpico si vestiranno come per uno scudetto: coreografia in tutti i settori, questa la sorpresa del club per lui. Mentre un aeroplano girerà sopra l’anello del Foro Italico con un messaggio. La tv della società riprenderà ogni istante della giornata, una sorta di docufilm: il viaggio in pullman, l’avvicinamento allo stadio, il riscaldamento, l’ingresso in campo, chissà non ne esca una pellicola. Il presidente Pallotta, in arrivo in mattinata, gli porgerà un dono simbolico, un piatto o una targa, un altro regalo ha voluto farlo la squadra. «Non ci sarà mai un altro Totti», ha scritto il presidente sul sito del club, «era ed è il simbolo di Roma. È la fine di un capitolo della sua vita e l’inizio di una nuova era».
Persino Spalletti dopo l’ultima tenzone in conferenza rispolverando i sei rigori sbagliati nel 2007 («Chiedevo se non fosse il caso di far tirare qualcun altro, e lui: lo ritiro io») gli ha parlato da solo, con affetto. In mezzo ci sarà una partita: 90 minuti contro il Genoa che valgono 50 milioni di euro, quanti ne garantisce la Champions senza preliminari. Ma servirà arrivare davanti al Napoli e concedere a Spalletti l’addio che immagina (lo chiama “scudettino”) prima di sbattere la porta e ricomporre un pezzetto di Trigoria nell’Inter di Sabatini. Lo annuncerà domani o martedì, poi la Roma potrà chiudere con Di Francesco, che i giocatori del Sassuolo hanno salutato nella cena di fine stagione cantando “Grazie Roma”. Lo ha quasi confermato l’ad Carnevali: «Il mister ha una clausola». Servono 3 milioni, potrebbe bastare il giovane Ricci. Non basterà Di Francesco invece per convincere Totti: ci proverà l’Olimpico, se non è già troppo tardi.