Il suo messaggio, tutto suo, sgorgato dalle dita che tremavano, è quello scritto sul pallone calciato in Curva Sud: «Mi mancherai». E poi lo ha spedito esattamente dove voleva, l’assist finale a quella che in fondo è stata sempre la sua vera squadra, la sua vera società. Il popolo che non ha redento, non era compito che gli spettasse, ma che ha certamente reso felice di tanto in tanto. L’altro messaggio, quello letto dentro un microfono che balbettava molto più di lui, ha avuto una gestazione lunga. Una settimana, almeno. Francesco Totti si è seduto sere intere accanto alla moglie Ilary. Insieme hanno stilato la lettera. Lui metteva i concetti, lei le parole. O anche viceversa: tra loro la corrispondenza è biunivoca, si capiscono senza troppe chiacchiere. Anche ieri sera: sotto la pioggia di note delicate e non, quelle del Gladiatore, di La vita è bella, di Giù la testa, non si sono scambiati verbi. Solo lunghi abbracci e teste poggiate l’una contro l’altra.
PAZIENZA – Per Totti è stata una di quelle settimane che si augurano solo ai nemici, ammesso che si abbiano, e solo nei momenti in cui si è fuori della grazia di Dio. Di notte si svegliava, di giorno si arrendeva alle lacrime. Non voleva smettere di giocare, ma neppure pensa davvero che lo abbiano costretto. Pensa solo che adesso a Trigoria non lo aspettano più per cominciare l’allenamento. Del resto lui non si è fatto mai aspettare. Traffico permettendo, di solito era il primo a giungere.
L’ATTESA – Gli ci vorranno pazienza e pazienza per abituarsi. Il calcio giocato per lui è stato tutto, la Roma un altro tutto e il sacrificio dell’atleta un altro tutto ancora, trinità fisica della sua vita. Intanto ieri sera si è concesso una cena normale in un ristorante dell’Aventino, con parenti e amici. E’ stata una serata in cui ogni cosa appariva fatidica, dunque facciamo un rito di passaggio anche di questa libera uscita. Ha chiuso la sua ultima stagione con 28 presenze totali, 18 in campionato. Molte brevissime, qualcuna più lunga all’inizio. Ha segnato 3 gol, tutti su rigore, e ha servito 7 assist. In totale è sceso in campo per 877 minuti, più i recuperi. Ha visto sgocciolare via come da un rubinetto consumato quella che avrebbe dovuto essere la sua annata di trionfo, delle parate e degli applausi e delle ovazioni. Della tournée europea e italiana che invece non c’è stata. Frontman ridotto a ospite d’onore e talvolta neppure d’onore.
CAPITOLI – Sarà colpa di Luciano Spalletti. Potete anche vederla così. Il tecnico la pensa molto diversamente e ritiene che la rinuncia alle feste di Totti sia stata il sacrificio conclusivo, anche se forzato, del capitano per la sua squadra. Qui interessa ciò che Totti ha provato in questi mesi in cui parlando per enigmi Spalletti faceva capire di non considerarlo più un giocatore valido per la Serie A e ricordava i rigori falliti anni orsono, le partite da titolare senza lampi e senza lodi, il peso di avere in squadra un re del calcio a cui il pallone troppo spesso non obbediva. Ha provato rabbia, dolore e umiliazione. Anche perché alla terza giornata di campionato quando l’allenatore lo ha supplicato di salvare la partita con la Sampdoria lui lo ha fatto, segnando e passando. Ieri Totti è apparso ancora un giocatore in attività di servizio. Quel che è passato nel mezzo appartiene ai capitoli della storia meritevoli di essere dimenticati. Solo che Totti non dimenticherà, non abbastanza in fretta. E continuerà a chiedersi per un po’ se abbia sbagliato e dove. Convincetelo che è innocente, questo glielo dovete.