Il fine carriera che nessuno vorrebbe. Spesso ai margini della squadra, sempre in panchina e poco in campo: cinque/dieci minuti prima del fischio finale, sette nell’ultima gara all’Olimpico contro l’Atalanta. Niente più. Smetterà? Andrà avanti un altro anno? I tifosi della Roma ci pensano e ci ripensano. Come sarebbe una Roma senza Totti? Più di una bandiera, un simbolo. Com’era Sandro Mazzola per l’Inter tra gli anni ‘60 e ‘70: «Per come concepisco le bandiere io – racconta Mazzola – credo che Totti dovrebbe giocare un po’ di più, ma bisognerebbe vivere tutti gli allenamenti per capire bene la situazione. Spalletti è un tecnico bravo, sa cosa fare».
C’è chi dice che Totti sta facendo un sacrificio per l’amore che ha verso la maglia… «Può darsi, lui per la Roma è disposto a fare qualsiasi cosa. Se accetta questo trattamento vuol dire che è d’accordo, è difficile ammettere di non riuscire più a giocare novanta minuti».
Secondo lei un giocatore come lui non potrebbe dare di più se giocasse venti/trenta minuti? «E’ chiaro che se si gioca più tempo arrivano più palloni e si ha più possibilità di risolvere una gara. Contro l’Atalanta, ad esempio, forse l’avrei inserito qualche minuto prima; non troppi però, perché i giocatori nerazzurri andavano a mille».
Potrebbe essere sfruttato meglio inserendolo dal primo minuto? «Secondo me no. E’ meglio metterlo a partita in corso, quando gli altri sono più stanchi: in questo modo, un li può fregare tutti. Spalletti credo lo faccia anche per lui, perché mettendolo dall’inizio gli avversari sarebbero freschi, prenderebbero le giuste contromisure e Francesco potrebbe trovarsi in difficoltà».
Questa gestione di Spalletti non rischia di spingere Totti verso il ritiro? «No, assolutamente. Anzi, lo spinge a giocare ancora di più dandogli la possibilità di continuare a segnare. Ragionandoci bene, gestendolo in questo modo Spalletti gli dà la possibilità di andare avanti ancora per una o due stagioni. Quanti calciatori sono ancora in campo a quarant’anni? Pochi, pochissimi. Forse nessuno. Anche se, però, è chiaro che da appassionato di calcio mi piacerebbe vedere un campione come Francesco in campo un po’ di più».
Come si sente un calciatore in queste situazioni? «Ci rimane un po’ male e penso sia anche una cosa normale, ma alla fine ci si rassegna cercando stimoli per essere ancora più decisivi: entrando con l’obiettivo di convincere l’allenatore a giocare di più la partita successiva».
La situazione di Totti ricorda un po’ la staffetta sua con Rivera a Messico ‘70? «Non c’entra nulla. E’ un calcio completamente diverso, da allora ad oggi sono cambiate tante cose. Mi ricordo che con Rivera ho sempre avuto un buonissimo rapporto, anche se davanti ai giornalisti non dovevamo farci vedere che stavamo insieme. Quella staffetta non l’abbiamo mai capita né io né lui: volevamo giocare insieme, ma tanto Valcareggi non ci dava mai retta. Ogni volta che avveniva il cambio ridevamo tutti e due, anche se non potevamo farlo vedere troppo».