Il meglio è già tutto arrivato?
“Fortunatamente no, faccio le cose che facevo prima di fare 40 anni, dopo aver fatto i 40 anni. Le giornate sono sempre uguali, impegnative in campo e fuori, vivo la giornata con serenità, mi dedico alla famiglia, al calcio. Mi hanno fatto piacere questi attestati di stima per i 40 anni, però sono sempre me stesso, mi diverto, sono contento di quello che faccio”.
Mettiamo in fila i valori, il pallone sta scivolando? “No, non scivola perché ancora mi diverto. Vado al campo ad allenarmi con la testa giusta, sto bene fisicamente, sono contento di quello che sto facendo”.
Ho avuto l’impressione che hai scelto consapevolmente di essere un buon padre e un buon marito: in quale dei due ruoli ti trovi meglio? Cosa dice Ilary? “È una domanda che dovresti fare a lei. Mi trovo bene i nentrambi i casi: sono una persona affettuosa, mi apro a 360° qualsiasi cosa mi chiedi, perciò insegno educazione e rispetto e allo stesso tempo ho rispetto verso mia moglie, per quello che ho sempre desiderato, avere una famiglia e portarla fino in fondo”.
Come proteggi i tuoi figli? Portare quel cognome è un macigno… “Non è semplice, cerchi di farlo divertire il più possibile, di non fargli pesare il cognome. Alla fine è un bambino e ogni bambino ha i suoi spazi e i suoi divertimenti, il suo modo di comportarsi. Quando crescerà gli insegnerò i valori della vita, per fare come ho fatto io. Ma è normale che lui ha un tassello in più, più pesante”.
Il nucleo Totti è una specie di spot per il family day, c’è sempre la curiosità di capire se le cose stanno realmente così. Ci abbiamo creduto ciecamente anche quando Ilary ha tirato le orecchie a Spalletti… “Il matrimonio è sempre stato saldo, ognuno è libero di dire ciò che vuole, poi ci sono momenti e momenti nella vita. Allo stesso tempo è normale che io sto in mezzo a mia moglie e all’allenatore. Devo centellinare le cose, ma la realtà è che sono venuto a sapere che lei ha fatto quell’intervista a mia insaputa. Alla fine hanno fatto queste due domande sul mister e lei si è espressa in un modo che in quel contesto pensava. È un capitolo chiuso per me e per tutti”.
Continui a essere innamoratissimo a prescindere di Roma? “Sono romano, cresciuto a Roma e morirò a Roma, parliamo di una delle città più belle del mondo. Non scarico niente su nessuno, purtroppo questo è quello che passa il convento, bisogna prendere le cose positive e quelle negative”.
Con la Raggi non hai lo stesso rapporto che avevi con Veltroni? “Con Walter un rapporto che andava oltre il lavoro, col sindaco di oggi nessun contatto”.
Come hai fatto a vivere questa città? Se vuoi fare una passeggiata devi andare di notte col passamontagna… “Questo è il lato negativo di Roma, la passione che trasmettono i romani verso i giocatori di calcio. Essendo cresciuto qua, avendo indossato un’unica maglia, la Roma e i romanisti vedono diversamente da tutti gli altri giocatori. Chiamiamola sfortuna, non ho la possibilità di godermi a tempo pieno la vita privata. Non posso andare in centro, al cinema vado quando la luce è spenta. La gente è amorosa affettuosa e fa piacere che ti gratifichi per quello che hai fatto”.
Al di là di quello che è stato messo nero su bianco, possiamo dire che non è scontato che tu possa smettere quest’anno? “Nel calcio niente è scontato, anche perché tornando soprattutto allo scorso anno, che mi davano per finito, che mi davano quarantenne che doveva appendere le scarpine al chiodo… In questo ambito lavorativo succede spesso, soprattutto quando le cose non vanno per il verso giusto. Poi ognuno è libero di esprimere ciò che pensa, sempre nei giusti termini e nel modo migliore. Ho fiducia, ho fiducia nella mia testa, nel mio corpo, e sono convinto che posso ancora dare tanto alla squadra. Se sto bene fisicamente perché devo smettere?”.
C’è una cosa dal punto di vista tecnico che ti riesce meno bene e ti scoccia? “La tecnica è naturale, ce l’hai, non è che la trovi a mano. Quello che mi riesce bene è il mantenimento, giocare con la testa, pensare un attimo prima a quello che devo fare. Se devo fare uno scatto in più a volte lo faccio e a volte riposo, l’esperienza aiuta a pensare in campo di più”.
Spalletti dice che ti alleni ancora con più entusiasmo. “Lavoro di più rispetto a quello che facevo prima, quando hai 25 anni passi sopra a delle cose importanti, che però ti sembrano superficiali. Penso a quello che facevo prima e penso che potevo far meglio. Con l’esperienza acquisisci tante cose che prima non facevi”.
La sensazione è che ti stia frullando nella testa l’idea di fare l’allenatore. “Ho detto che potrei fare l’allenatore perché vedendo gli ex compagni che smettono, il passo successivo è quello. Ma non ci penso, non ho il carattere, sono troppo buono. Però vedendo alcuni ex giocatori che fanno gli allenatori…”.
Col tempo si può cambiare. Montella? “Già lo vedevo come allenatore. Inzaghi, Materazzi, Cannavaro non pensavo potessero fare gli allenatori. Conoscendoli caratterialmente li vedi come dirigenti, invece man mano che passa il tempo lo fanno quasi tutti. Si vedrà quando metterò questi benedetti scarpini al chiodo”.
Con Bianchi potevi andare alla Samp? “Sì, era fatto quasi tutto”.
Hai immaginato una vita lì? “Se fossi andato alla Sampdoria sarei andato poi a una squadra più ambita. Avevo più possibilità di andare al Manchester, al Real, al Barcellona, alla Juve. Qui ho preso una decisione, ho voluto mantenerla al 100%, quella di indossare un’unica maglia per rispetto mio e ai tifosi. Questo mi ha gratificato tantissimo, un successo di vita”.
A quale figura potresti fare riferimento? “Mi potrei identificare in Lippi. Mi piace caratterialmente”.
Se fossi in panchina oggi, come giocherebbe la Roma di Totti? “4-2-3-1, mi piace offensivo. Qualche giocatore diverso…”.
Qualcuno di questi finirebbe in panchina? “Qualcuno sì, ma nella rosa possono starci parecchi. Se faccio l’allenatore, devo scegliere una squadra per poter vincere, se ho la possibilità di fare una squadra forte, la faccio”.
Ti hanno chiesto il momento più bello: sorprendendo, hai detto che è stata la stagione scorsa. Quali sono state le cose che hai dovuto superare? “L’ambiente si basa su quello che scrivono i giornalisti, su quello che dice il mister, che dice la società, che fanno trapelare che io ero un giocatore quasi finito. Quando arrivi a una certa età, devi chiudere: questo non lo capisco. Ma ognuno può dire ciò che vuole. La mia rivincita è stata far cambiare idea: il campo è la miglior risposta. Le chiacchiere stanno a zero, ma non avevo possibilità di esprimermi, di far vedere alla gente che potevo dare tanto. Fortunatamente Dio ha voluto che facessi quello che realmente mi sarei aspettato, che volevo come persona, credevo in me stesso. Credevo di poter fare ancora bene, ci sono stati 2-3 episodi, anche di più, tutti di seguito, che hanno fatto cambiare idea”.
In molti ti hanno paragonato a Kobe Bryant, per la tournée di addio. Pensare a Totti portato in giro non è quello che vuoi… “Il calcio è diverso dal basket. Non puoi uscire ed entrare 3, 4, 5 volte. Stiamo parlando di un’americanata. Qui a Roma è difficile fare una cosa simile, neanche a me piacerebbe andare in giro e salutare. Se posso giocare bene, ultimamente quando vado negli stadi dove normalmente mi insultavano, tipo Napoli, non mi hanno fischiato. È stata la prima volta in vita mia che mi hanno sorpreso, forse perché la settimana precedente ero stato con Maradona (ride, ndr)”.
Una scelta alla Del Piero? O ti senti diverso? “Siamo due caratteri diversi. Lui ha fatto questa scelta, io non lo posso fare, non è mia intenzione. Ormai ho detto che chiuderò qui, sarò uno dei pochi ad aver indossato un’unica maglia per 25 anni, sarò diverso, purtroppo, da Alessandro. Ma quando smetterò mi piacerebbe imparare tante cose”.
Il gol più bello? “Non è semplice deciderlo. Perché non quello che arriverà? Spero che ne arrivi uno più bello di quelli a Inter e Samp, così mettiamo a tacere tutti. Sinceramente sono due gol diversi, uno è di sinistro e uno di destro, uno è di coordinazione e l’altro di pazzia”.
C’è un gol che vorresti fare? “Ce l’ho in mente. O in rovesciata, ma se lo faccio adesso è difficile che mi rialzo, o di tacco. Mi manca”.
C’è qualche possibilità che la Roma vinca lo scudetto o una coppa? Oppure ritieni che la Juventus abbia qualcosa di più? “Purtroppo non dipende da noi perché loro sono primi e noi dobbiamo essere più competitivi sotto tutti i punti di vista. Dobbiamo essere più cattivi quando incontriamo le squadre più piccole. Ci manca la tenacia, la cattiveria, di essere veramente una grande squadra. La Juve, quando incontra il Chievo o il Bologna, anche giocando male, le vince tutte. Penso che questa sia la forza della Juve, che non molla mai. Scendono in campo affamati, veramente convinti di poter vincere tutte le partite”.
Resti un uomo timido ma hai fatto di questa timidezza un capolavoro, sei un fenomeno di comunicazione. Come hai fatto? “Sono un taciturno, non mi piace stare davanti alle telecamere. Faccio la mia vita fuori da tutto. Man mano che cresci acquisisci più tutto, diventi simpatico, ti ci porta anche il lavoro. Però non è una cosa che ho studiato a tavolino, sono me stesso. Non recito”.
Non so cosa farai in una tua seconda vita, credo che tu sia obbligato ad alimentare il rapporto coi bambini. Bisogna regalare sogni e tu sei il miglior sogno su piazza. “Questo mi gratifica. Sinceramente ho iniziato ad allenare i bambini, da una parte preferirei allenare più i bambini che una grande squadra. Farli crescere in modo positivo. Come ho fatto io. Farli divertire. Poi se Dio vuole diventeranno grandi campioni. Non sarò io ma i genitori. La partita più importante è quella”.
Quanti anni sono che respiri l’aria di questo spogliatoio? “Quasi 25, però prima era più largo lo spazio”.
Tu ti cambi in piedi? “Non ho stampelle, sedie, niente (ride, ndr)”.