Se «Francesco è la Roma», come a più riprese ha spiegato anche il direttore sportivo Monchi, allora vale il principio dei vasi comunicanti. Vale (anche) quello che disse James Pallotta: «Totti potrebbe essere un ottimo ambasciatore del club in giro per il mondo». Parole che non entusiasmarono più di tanto il numero 10: il gagliardetto no, quante volte s’è sentita questa frase, quante volte Totti ha allontanato ufficialmente e ufficiosamente l’idea di essere solo un uomo immagine.
Meglio una scrivania, meglio Trigoria. Ma poi passano le settimane e i mesi e ti accorgi i due ruoli possono convivere. Che il Totti che studia con Monchi è lo stesso Francesco che per il mondo gira davvero. E l’eco delle sue parole, delle sue foto, semplicemente delle sue giornate risuona forte. Che sia a titolo personale o della società poco importa, se vale il principio di cui sopra. Da agosto a dicembre fanno cinque mesi in cui l’ex capitano è stato due volte ai sorteggi di Champions League, una a Dubai a ritirare il Globe Soccer Award, un’altra a Tbilisi per un match di beneficenza organizzato da Kaladze, un’altra ancora a Riyad invitato da un emiro che voleva festeggiare la qualificazione dell’Arabia Saudita ai Mondiali. Ambasciatore che non porta (più) pena.