La piazzetta dedicata alla dea Giunone, San Lorenzo in Lucina, era la location adatta per la più grande espressione contemporanea di culto pagano: «France’, giocalo ‘sto derby, anche per cinque minuti». Come se dipendesse da lui. «Capita’, non smette, te prego». Pregare, ecco. Francesco Totti non si stancherà mai di vedere tutto questo perché non è un eroe della gente. E’ un eroe tra la gente. E fa molta differenza.
ADORATORI – E’ una mattina feriale, appena dopo il ponte della Liberazione, due passi in là c’è Via del Corso, un passo indietro Montecitorio. La zona del negozio dove Totti sta per presentare i nuovi scarpini della Nike, color oro per celebrare le sue nozze d’argento in Serie A, è transennata da un’ora. Camionetta della polizia da una parte, tre bodyguard di tre nazionalità diverse dall’altra. In mezzo lo staff comunicazione della Roma al gran completo contribuisce a scortare il Capitano, che, tra i cori di almeno trecento persone, scende da un minivan nero e si infila nello store. Il tempo di cambiarsi, di vestirsi come un calciatore della Roma e Totti viene piazzato su un trono, con i nuovi strumenti di lavoro ai piedi. Con l’unico vezzo concordato con i costruttori del prodotto: la linguetta superiore. «Mi accompagna da 25 anni, con lei mi sento più sicuro» racconta Totti con uno dei suoi sorrisi.
SPERANZE – «Isn’t it ironic?» canterebbe Alanis Morissette. Non è ironico che nella stagione del probabile addio da calciatore, Totti debba sperimentare un nuovo avveniristico tipo di scarpa? No, non lo è perché lui, per almeno altre cinque partite, si sente un atleta vero, pronto, combattivo. A prescindere dalle scelte di Spalletti, di cui per una volta non si parla, e dagli auspici dello sponsor tecnico che – si sussurra – non ha gradito la decisione della Roma di reclamizzare poco l’evento in termini mediatici. Del resto il periodo è quello che è: se Totti avesse potuto rispondere alle domande in una conferenza stampa, magari sganciando qualche siluro, avrebbe distolto l’attenzione dall’obiettivo principale della società, che è il secondo posto. E così, dopo aver scoperto nell’intervista rilasciata a Pierluigi Pardo che Totti non ama la cucina romana («Al massimo la pasta cacio e pepe») e che Cristian, suo figlio, tornerà ad esibirsi nuovamente domenica in Toscana due settimane dopo aver vinto il titolo di capocannoniere in un torneo a Montecatini, le parole ufficiali sono tutte di sentimento, comprese quelle riservate al quarto derby della stagione: «Non sarà mai una partita come le altre, quando affronti la Lazio devi pensare a distruggerla, sempre con rispetto sportivo, perché i tifosi ti chiedono di dare ogni volta il 101 per cento. Sappiamo come è andata in Coppa Italia, quindi vogliamo prenderci una rivincita. Anche per avvicinarci alla Champions alla base di un trittico di partite molto difficili».
SCENARI – Totti esce all’ora di pranzo, tra i turisti di un famoso bar che consumano pizzette e tramezzini e snobbano il pasto per accendere i telefonini con le mani imbrattate di cibo. Ripartono i cori celebrativi della sua unicità («C’è solo un capitano») e riparte anche il minivan con i vetri oscurati. Totti corre a casa e poi a Trigoria per il pomeriggio di allenamenti, chiudendosi nei suoi pensieri sull’avvenire. Farà piangere tante persone quando chiuderà con il calcio giocato ma piangerà soprattutto lui, che con la maglia della Roma addosso ha deciso di sfidare il mondo: «Sicuramente avrei potuto vincere più titoli altrove, ma il mio più grande trionfo è la mia fedeltà alla Roma. E questa gente qui».