La storia siamo noi. Pazienza se qualcuno si sente offeso. Di fronte ai fatti non ci sono «se» e «ma» che tengano. Roma e la Roma sono da sempre un corpo unico, per nome, simbolo e colori, certo. Ma anche per simbiosi fra popolo e squadra, talmente stretta e viscerale da vedere tanti figli della città diventare poi protagonisti sul campo con la maglia del cuore. Qualche anno fa il connubio indissolubile è stato celebrato e fermato nel tempo dalla Curva Sud in una delle sue coreografie più memorabili, proprio in un derby, quello dell’11 gennaio 2015.
I volti di sedici giocatori raffigurati in altrettante gigantografie, corredate da un lungo striscione: «Figli di Roma, Capitani e bandiere… Questo è il mio vanto che non potrai mai avere», con la seconda parte riferita ovviamente ai dirimpettai. Quel giorno c’è una Sud da tramandare ai posteri. Come quella del «Ti amo». Quel 23 ottobre 1983 fu Poesia. Una dichiarazione semplice e intensa, onnicomprensiva di un sentimento che non si può spiegare. Soltanto vivere. Stavolta è Stato dell’Anima. Carrellata di immagini e suggestioni che raccontano una storia unica, legame indissolubile tra città e squadra, tra quei due colori e chi li ha stretti a sé, per diritto di nascita o di cittadinanza o di pura passione. Ma lo ha fatto per sempre. C’è poi una favola infinita. Nel senso letterale del termine. Un figlio di Roma che è capitano e bandiera e rende onore alla coreografia e al suo volto dipinto nel cuore della Curva. Perciò immortala se stesso con quello sfondo da brividi dopo aver volato più in alto delle nuvole a trafiggere gli avversari di sempre, permettendo al sole di tornare a splendere. (…)
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