Forse Fedor Dostoevskij aveva ragione. Nei «Demoni» ammoniva come «coloro che vogliono arrivare all’ultimo confine oltrepassano sempre il limite». La sensazione è che la Roma sia in marcia proprio verso questa direzione. La striscia di tre sconfitte consecutive fra campionato e Coppe (Lazio, Napoli e Lione) sembra essere la fotografia di un esercito in perenne attacco, che ad un certo punto però si accorge che le linee di rifornimento sono tagliate e in fondo fare guerra al mondo – anche verbalmente – oltre che avvelenare i pozzi, divide anche il fronte interno perché disegna i semplici critici come degli avversari da sterminare. A chi giova? A nessuno. Non è un caso, perciò, che questo filotto negativo sia il secondo peggiore vissuto da Luciano Spalletti nelle sue cinque stagioni e mezzo in giallorosso. Di peggio aveva fatto solo tra il 5 ottobre e l’1 novembre 2008, quando i k.o. consecutivi furono 5: Siena-Roma 1-0; Roma-Inter 0-4; Chelsea-Roma 1-0 (Champions); Udinese-Roma 3-1; Juve-Roma 2-0. In realtà, ci sarebbe anche un’altra striscia di tre sconfitte, dal 13 al 20 maggio 2007 (Roma-Torino 0-1, Inter-Roma 2-1 e Cagliari-Roma 3-2), ma la seconda partita fu in realtà un grande successo, perché era la finale di ritorno di Coppa Italia e la Roma, che aveva vinto 6-2 all’andata, pur perdendo trionfò a San Siro.
FATICA E MERCATO – L’allenatore ha ragione quando dice che la testa può condizionare le gambe se si parla troppo di stanchezza, ma il fatto che la squadra spumeggiante nelle ultime due settimane sia sparita è un dato di fatto. Perciò non sorprende che alcuni giallorossi, di cui per correttezza non facciamo il nome, abbiano confidato ai loro entourage e a dei colleghi di altre squadre una semplice verità: «Siamo stanchi morti». Esagerati? Possibile, però di certo la difesa che ha subito 8 gol nelle ultime 3 partite e i 16 tiri verso la porta subiti a Lione, sono segnali. Come l’utilizzo della rosa in queste partite così importanti. Un utilizzo assai inferiore al consueto, e a Lione gli ingressi tardivi di Paredes, Perotti ed El Shaarawy sono parsi stravaganti. Una cosa è certa: il mercato di gennaio non ha aiutato Spalletti, visto che è entrato in rosa solo Grenier – guarda caso ex Lione – che in Europa non si poteva utilizzare. Morale: per il francese solo pochi spiccioli contro la Fiorentina in casa. Troppo poco per dare respiro ai presunti titolari, tanto più che poi Florenzi si è infortunato di nuovo e così la squadra è andata incontro ad un mese così delicato sempre con gli stessi uomini. A questo punto Spalletti ieri ha fatto bene ad avere un faccia a faccia con la squadra – nei cui riguardi dopo Lione è stato anche un po’ critico – per capire che margini ci siano per risollevarsi. Certo, nel ventre dello spogliatoio i sussurri delle solite fonti raccontano come i giallorossi dicano: «Ogni anno è sempre la stessa storia, finisce sempre male…».
L’ATTESA DI PALLOTTA – Come dire che il rischio di rassegnazione agli eventi esista e va combattuto, e adesso forse poco importa che i tam tam di mercato diano Spalletti sempre più lontano dal rinnovo e più vicino alla Juventus, nonostante l’arrivo di Pallotta la prossima settimana sia garanzia quanto meno di una chiacchierata, anche se il presidente di sicuro non gli potrà dare quelle garanzie di grandi investimenti, che non sono nella filosofia del club. Anzi, il tecnico sa bene come, se non si riuscisse neppure a tenere il secondo posto, i riflessi finanziari sarebbero pesanti, col rischio di costringere l’allenatore – qualsiasi esso sia – a magie per mantenere alta la competitività.
BALDISSONI IN SPAGNA – Perciò, nonostante il viaggio a Madrid del d.g. Baldissoni con conferenza congiunta col presidente del Real, Florentino Perez per una sfida tra «Legends», meglio al momento non fare voli pindarici su obiettivi di mercato. C’è prima l’attualità a cui fare fronte e proprio per questo ieri, come previsto, il messaggio che – dopo la disamina del match – Spalletti ha comunicato al gruppo è stato ovvio: «Non dovete mollare. Tutto è ancora aperto, e sia con la Lazio che col Lione possiamo ribaltare il risultato». Insomma, la speranza è in una specie di effetto Barcellona, o forse Luis Enrique. Quasi un paradosso, dopo il ripudio di cinque anni fa da parte della piazza giallorossa. Ma i tempi cambiano, anche se – temono i tifosi – non abbastanza per cominciare a riempire la bacheca.