(…) Intorno ai 19 anni di Nicolò Zaniolo, sembra essere esplosa una generosa follia collettiva che ha le radici nel talento ammutolente del calciatore e la sua epifania in quella convocazione in Nazionale settembrina, quando l’«enfant prodige» di scuola interista non aveva neppure un minuto di Serie A alle spalle. «Qualcuno mi aveva detto che ero matto e che chiamavo gli sconosciuti – spiega paziente Roberto Mancini – ma in realtà di quel ragazzo già sapevo qualcosa e l’ho voluto vedere dal vivo.
Mi sembra che i fatti mi diano ragione». Ma se il c.t. è stato genialmente folle, adesso la malattia ha contagiato l’universo giallorosso, tanto da cominciare persino a sfociare nella «blasfemia», che consiste con i paragoni con quella divinità laica chiamata Totti. Intendiamoci, a tutto questo Nicolò si sottrae con garbo, ma è inutile negare che i complimenti che l’ex Divo gli riserva spesso a Trigoria, gli sciolgano il cuore un orgoglio saggio. Un esempio. Dopo la partita contro i granata, in cui è stato ancora una volta protagonista, segnando il suo 2° gol in A (e in questa stagione nessuno della sua età ci è riuscito), Zaniolo ha approfittato del giorno libero concesso ieri per andare in discoteca con gli amici.
Per lui solo bevande analcoliche, ovvio, anche se i saluti sono arrivati oltre la mezzanotte. Nel mezzo, tanta disponibilità con quelli che gli chiedevano selfie, tutti in fila con la medesima preghiera: «Devi restare alla Roma a vita», accompagnando l’appello con definizioni che andavano da «fenomeno» a «campione». Con queste premesse, sarebbe facile perdere la testa, ma a tutti Zaniolo rispondeva: «Devo ancora dimostrare tutto, non ho fatto ancora niente». (…)