C’è un autore, un nome e cognome alla base dell’attuale conformazione del progetto da un punto di vista di viabilità. È quello del primo assessore all’Urbanistica, della Giunta Raggi, quel Paolo Berdini da sempre acerrimo nemico del progetto Stadio in quanto strenuo sostenitore della diritto del pubblico ad operare le scelte urbanistiche e non del privato come stabilito dalla “legge Stadi”. Fu Berdini, diventato assessore il 7 luglio 2016, a inviare la versione Marino/Caudo del progetto (quella col Ponte di Traiano, lo “sfioccamento” della metro e le tre Torri di Libeskind) in Regione per la Conferenza di Servizi. Ma fu sotto di lui che il Campidoglio non approvò la variante urbanistica causando la bocciatura del progetto nella prima Conferenza di Servizi. E fu sempre Berdini, dopo aver passato il progetto al setaccio alla ricerca di un vizio che lo rendesse annullabile, che ebbe l’idea di tagliare le opere pubbliche di viabilità per poter ottenere il taglio delle cubature concesse come compensazione.
Il Tempo aveva anticipato il disegno di Berdini il 5 ottobre 2016. E Berdini lo confermò il 22 ottobre, in un intervento a Radio Roma Capitale: “non capisco perché dobbiamo pagare per delle opere inutili”, disse. Ed ecco che magicamente sparirono dal progetto sia il Ponte di Traiano (ponte carrabile fra l’autostrada per Fiumicino aeroporto da Parco de’ Medici con due complanari dedicate, l’area Stadio e, infine, la via del Mare/Ostiense unificata) che lo “sfioccamento” della metro B (uno scambio da realizzare, come a Bologna, a Eur Magliana). Il primo sostituito col Ponte dei Congressi, il secondo con il solo potenziamento della Roma-Lido.