E’ presto per prefigurare uno stop alle spese folli sul mercato, di certo il nuovo set di regole economico-finanziarie per la partecipazione alle coppe europee, battezzato Fair play 2.0, va in quella direzione. Almeno questo è l’auspicio di Uefa ed Eca (l’associazione dei club europei) che hanno trovato un accordo su un aggiornamento e rafforzamento dei controlli, a partire dalla prossima stagione, ora soggetto all’approvazione definitiva dell’esecutivo Uefa previsto per fine maggio. Sono stati introdotti due nuovi indicatori per i conti dei club in lizza per Champions ed Europa League: un rapporto «sostenibile» tra debito netto ed Ebitda (il risultato d’esercizio prima di interessi, tasse, svalutazioni e ammortamenti, ndr) e un saldo negativo massimo di 100 milioni tra acquisti e cessioni nelle campagne trasferimenti della stagione. Significa che una squadra, tra sessione estiva e invernale, non potrà spendere in «cartellini» più di 100 milioni al netto delle uscite.
COSA SUCCEDE – Se uno dei due parametri dovesse essere violato, l’Uefa ha il potere di intervenire per un controllo molto più rapido del passato sulla conformità (o meno) con il break even (perdite massime di 30 milioni nel triennio). Una verifica a tutto campo, che può andare a ritroso di uno o due anni o anche in avanti esaminando il budget dell’anno successivo. Se quelle spese di mercato (o il rapporto debito-Ebitda) sono nella norma rispetto agli altri parametri, allora sarà disco verde. Altrimenti scatterà l’indagine, con il pericolo di beccarsi una bocciatura. «La violazione di uno dei due nuovi indicatori – spiega il presidente dell’Eca Andrea Agnelli – non comporta automaticamente un’investigazione ma può mettere a rischio il rispetto delle norme del fair play da parte del club. L’intesa raggiunta sulla regolamentazione di accesso alle coppe testimonia l’ottima cooperazione tra Eca e Uefa». Nel Fair play Uefa 2.0 sono state implementate alcune misure utili per la trasparenza e l’armonizzazione: verrà resa obbligatoria la pubblicazione dei bilanci dei club e anche delle commissioni per gli agenti, ci saranno stessi principi contabili per tutti, indipendentemente dal Paese di provenienza, e si accorceranno i tempi dei controlli. L’Eca ha invece rigettato la proposta dell’Uefa di introdurre una luxury tax («troppo rischiosa»): era uno degli strumenti evocati da Ceferin per ridurre le distanze tra grandi e piccole, che tuttavia dovrebbero beneficiare di indennità per la formazione dei calciatori anche su scala nazionale.
EFFETTO PSG – Senza dubbio, la misura che potrebbe avere l’impatto maggiore è quella del tetto alle spese sui trasferimenti. Il varo del fair play, nel 2010, aveva portato benefici complessivi, con le perdite cumulate dei club europei che si sono ridotte da 1,7 miliardi e meno di 300 milioni. Tuttavia, negli ultimi tempi si è assistito a un’escalation che ha messo a dura prova l’Uefa. Basti pensare all’ultima, pazza estate del Psg, che ha pagato 222 milioni per avere Neymar (più il prestito con riscatto a 180 milioni di Mbappé). Colpi che hanno scatenato un’inflazione dei costi, tanto da far scattare più di un campanello d’allarme. Adesso si prova a mettervi un argine.