Resiste strenuamente Eusebio Di Francesco, come un vecchio capitano che prende in faccia le onde della tempesta. Stavolta ha accolto il fischio finale dell’arbitro come una liberazione ed è subito sceso negli spogliatoi a sbollire la tensione di questi giorni difficilissimi. La partita col Genoa, vinta a fatica 3-2, quella che poteva essergli fatale – oggi il ds Monchi vola a Boston dal presidente Pallotta a decidere strategie e destini futuri – è stata una lunga risalita verso la salvezza e l’agognata conferma. C’è stato un momento, all’inizio del secondo tempo, mentre l’arbitro Di Bello attendeva la decisione del Var di annullare il terzo vantaggio del Genoa, in cui tutto sembrava quasi venire giù, e il destino dell’allenatore della Roma compiersi. «Siamo arrivati qui con demerito, siamo una squadra malata, ho cercato di mettere in campo tanta emotività» ha detto Di Francesco che ha deciso di giocarsela più d’istinto che di testa.
Per giocarsi la partita del suo destino Di Francesco aveva deciso di rinunciare all’evanescente Schick per cercare di rinforzare almeno la difesa, già messa sotto accusa per i troppi gol presi. E dunque ennesimo modulo di stagione (3-4-1-2), attacco giovanissimo con Zaniolo (19 anni) falso nueve, Ünder (21) a destra e Kluivert (19) a sinistra, mentre dietro difsa a tre più i due soliti terzini (Florenzi e Kolarov) sugli esterni. La stessa impostazione difensiva del Genoa di Prandelli, che ancora non ha stravolto la vecchia squadra e punta più che altro a un consolidamento della fiducia. E infatti la Roma non è apparsa, almeno inizialmente, né più brillante e risolutiva in attacco, né più com- patta e chiusa in difesa, dove pure presentava i giocatori più esperti. E i 5 gol successivi dimostreranno che quest’anno il campionato è un giro interminabile sull’ottovolante.
Il Genoa partiva meglio, con più decisione fino ad arrivare al gol di Piatek su clamorosa papera di Olsen (tiro di Hiljemark e palla che passa tra le gambe). E rispondeva ancor meglio e decisamente al gol del pareggio della Roma con Fazio. In meno di due minuti infatti approfittava dell’ennesimo svarione difensivo, con Florenzi che si perdeva Hiljemark e la botta che riportava subito il Genoa di Prandelli in vantaggio. Se la Roma con Kluivert palla al piede (lancio di Kolarov e velo di Ünder), non avesse ripreso il Genoa prima di tornare negli spogliatoi la partita sarebbe diventa- ta l’ennesimo incubo. E comunque su quel filo la partita è continuata, il terzo vantaggio del Genoa (tiro di Lazovic, tocco di Bessa e ancora una brutta papera di Olsen) è stato annullato per fuorigioco al Var, con lo stadio rimasto un paio di minuti buoni in sospeso ad aspettare la decisione della regia. E dal vantaggio virtuale del Genoa si è passati a quello della Roma con la stessa leggerezza, un gol che Cristante si è cercato con un destro potente, triangolando nella maniera più classica possibile con Kluivert. Ancora un gol sbagliato a porta vuota da Ünder, un palo di Cristante e poi per la Roma una lungo cammino di resistenza e di sofferenza per cercare di arrivare stavolta indenne alla fine. Florenzi proprio agli istanti finali spingeva Pandev in area: sarebbe stato rigore, ma è passato in cavalleria. La Roma stavolta non si è lamentata del mancato uso