Canticchia l’inno della Champions League come un ragazzino – lo è – emozionato, è la prima volta nel grande palcoscenico che ha sempre sognato, ma non si fa intimidire, anzi, in campo si trasforma nel veterano che sta trascinando la squadra al di là delle difficoltà. Under fa il fenomeno all’esordio nella massima competizione europea, è il meno esperto di tutti eppure è l’unico a lasciare il segno. A 20 e 222 giorni Cengiz diventa il secondo marcatore più giovane della storia giallorossa in Champions dopo un certo Antonio Cassano. Un’impronta pesante, di quelle che possono spostare gli equilibri: se la Roma è ancora in corsa per i quarti di finale lo deve al debuttante che non smette più di fare gol (e ad un salvataggio incredibile di Peres sulla linea a tempo scaduto). Cinque reti nelle ultime quattro partite, tutte decisive. E quella al Metalist Stadium non fa differenza, o meglio la differenza potrebbe farla, perché un centro in trasferta vale oro con il secondo confronto con lo Shakhtar Donetsk in programma all’Olimpico tra 19 giorni. Cengiz c’è, ma intorno a lui il deserto, chi doveva fare il leader è mancato all’appello, vedi Nainggolan, chi è abituato a notti così non è riuscito a tirare fuori la mentalità giusta. Florenzi da vicecapitano non se l’è sentita di abbandonare la nave in una serata tanto importante per il futuro, ma dopo un primo tempo in penombra nella ripresa con i suoi errori ha mandato in tilt la squadra, che all’1-1 ha subito un contraccolpo mentale e si è spenta all’improvviso, rischiando di compromettere quanto di buono aveva costruito. Il turco è riuscito a trovare la rete con la spensieratezza che lo contraddistingue e che i suoi compagni, assorbiti dai malumori dell’ambiente, hanno perso per strada durante la crisi di gennaio.
Sul banco degli imputati salgono anche De Rossi e Strootman, crollati nella ripresa, Manolas saltato con troppa facilità nell’azione dell’1-1 e Kolarov che non è più il dominatore della prima parte di stagione. Meno male che c’è Under. Ha preso per mano la Roma e l’ha riportata al terzo posto in campionato, non ha avuto nemmeno paura del grande salto e in Champions ha fatto bella figura davanti al ct della Turchia Lucescu, in tribuna a prendere appunti. Lì, sugli spalti, era abituato a stare anche Cengiz quando scoccava l’ora dell’Europa, finora si era al massimo seduto in panchina, poi qualcosa è scattato in lui e ora la testa la tiene bella alta, come piace a Di Francesco. Non può più nascondersi, è l’uomo della Provvidenza, esploso nel momento peggiore della Roma a suon di gol pesanti. Dzeko con un assist alla Totti ha messo un pallone con i giri contati, «Gengo» con il mancino ha piegato le mani di Pyatov, in grado solo di intercettare il tiro dell’esterno giallorosso. «Segna come un turco», scrivono in tempo reale sui social network dove è Under-mania e spunta l’hashtag #segnasemprelui. Correggiamo: solo lui. E pensare che non doveva nemmeno scendere in campo dall’inizio, Di Francesco stava pensando di schierare Gerson nei tre dietro Dzeko, per avere una catena di destra più prudente, un esterno in grado di coprire e non solo di attaccare, ma alla fine ha fatto la scelta giusta e non ha rinunciato all’uomo del momento, che l’ha ripagato con ripiegamenti difensivi degni di nota, oltre a confermare il vizio del gol.