Il presidente, il costruttore e la banca. Il triangolo Stadio della Roma, Luca Parnasi, Unicredit non è più solo una congettura giornalistica. A seguito dell’ultima Conferenza dei servizi che ha momentaneamente bocciato il progetto, la Consob è entrata a gamba tesa e ha chiesto chiarimenti ai protagonisti della vicenda per capire se il taglio delle cubature, necessario per il via libera finale, influenzerà in qualche modo i rapporti di forza tra le parti e soprattutto la solvibilità finanziaria di Luca Parnasi. Per chiarire la questione, la Consob ha inviato quattro quesiti all’istituto di credito, chiedendo che Unicredit (appena uscita da un sostanzioso aumento di capitale) chiarisca una volta per tutte i suoi rapporti tanto con la società di James Pallotta quanto con le aziende di Parnasi. In merito alla As Roma, la banca precisa che «a far data dall’agosto 2013 non ha più in essere alcun rapporto creditizio con la società, e che dall’agosto 2014 ha ceduto l’ultima interessenza nel capitale azionario». Analizzando il bilancio della Roma, emerge che Unicredit svolge attualmente per il club un’attività di fronting, ossia eroga il credito per conto di soggetti esteri che non possono operare direttamente in Italia e per questa attività percepisce commissioni di servizio. Attualmente le operazioni di fronting bank seguite da Unicredit, insieme a Goldman Sachs, valgono 170 milioni di euro. Ma il tentativo di escludere un interesse diretto nella vicenda stadio perde forza quando — sollecitata dalla Consob — è la stessa banca a dover ammettere i suoi rapporti con l’imprenditore che ha legato i suoi destini al Colosseo dei giallorossi.
La banca elenca infatti almeno tre partite aperte con le aziende che fanno riferimento a Luca Parnasi. La prima riguarda la Eurnova, proprietaria dei terreni dello stadio nonché candidato in pectore alla costruzione del complesso. Nei confronti della Eurnova, che peraltro ha pagato solo una parte irrisoria dei 42 milioni previsti per l’acquisto dei terreni di Tor di Valle, Unicredit «ha in essere linee di credito per un importo immateriale pari a circa una decina di milioni di euro». Una risposta che mette sotto gli occhi della Consob la prima evidenza: se il progetto stadio venisse affossato ed Eurnova fallisse, la banca rischierebbe di perdere il finanziamento concesso. Una discreta somma che si aggiunge a quelle ben più elevate che ballano nelle altre due partite aperte tra Unicredit e Parnasi. Una di queste riguarda il gruppo Parsitalia, la holding della famiglia di costruttori che ha maturato un debito nei confronti dell’istituto di credito pari a 130 milioni di euro, considerato dalla banca «a rischio limitato».
A questa si aggiunge la terza partita aperta che chiama in causa Capital Dev, il veicolo finanziario controllato all’81,2% da Unicredit e partecipato come secondo azionista dalla Capital Holding di Luca Parnasi, dentro il quale la banca ha fatto confluire la quasi totalità degli asset immobiliari dell’imprenditore. Stavolta gli interessi aumentano perché il totale delle linee di credito accordate da Unicredit a Capital Dev raggiungono i 460 milioni di euro, «la cui recuperabilità — spiega la banca alla Consob — è connessa alla valorizzazione degli asset stessi». Il successo dell’operazione è quindi legato alla vendita sul mercato di una serie di terreni edificabili e di progetti avviati che le società controllate da Parnasi hanno ceduto per coprire i debiti accumulati con la banca. Tra questi, terreni sulla Laurentina, diritti di edificazione nell’area del Pescaccio, 15 mila metri quadrati a Pietralata e diverse aziende edili attive principalmente nell’area romana. Il tentativo di recuperare l’esposizione nei confronti di Parnasi attraverso un piano di valorizzazioni immobiliari rientra nell’ambito di un’operazione più vasta che ha come obiettivo finale il salvataggio dell’imprenditore, gravato da oltre 700 milioni di debiti (bilancio 2015) e impegnato sulla difficile via della ristrutturazione. La posizione di Unicredit, tra i vari istituti coinvolti, è la più critica e la partita dello stadio, che la banca dice di guardare con superiore distacco, si scopre in realtà una delle ultime chance concesse al costruttore Parnasi per onorare il suo debito.