Un Carletto tira l’altro. Tavecchio ha chiuso la gelida giornata romana con un annuncio: «Per la Nazionale abbiamo pensato al profilo di un allenatore importante», l’affondo, recitato a bassa voce, davanti all’ingresso della Federcalcio. L’erede di Gian Piero Ventura, esonerato con un comunicato alle sette della sera, è quello del pluridecorato Ancelotti. Da Carlo a Carlo. Per ripartire e provare a rintuzzare gli attacchi di chi pensa, a cominciare da Malagò, che dopo una catastrofe di queste dimensioni sia giusto farsi da parte. Ancelotti, contattato da un intermediario vicino alla Federazione, ha garantito di non avere preconcetti nei confronti dell’attuale gestione politica. Ma al di là dell’accordo economico, tutto da trovare e per il quale Tavecchio è pronto a ricorrere all’aiuto dello sponsor come nel caso di Conte, l’ex allenatore del Bayern pretende carta bianca sul progetto tecnico. La strada non è in discesa. Inoltre, pur non chiudendo le porte in faccia a nessuno Ancelotti resta della sua idea: allenare un club, possibilmente di Premier League, è la sua prima opzione. La Federcalcio intende rifondare il club Italia inserendo nell’organico una figura di primo piano della nostra storia: si è fatto il nome di Paolo Maldini, potrebbe venir buono Andrea Pirlo. Il preferito è Gianluigi Buffon, a condizione che davvero a fine stagione abbandoni l’attività agonistica.
Discorsi, ipotesi di lavoro, forse suggestioni. Ma la partita che impegna Tavecchio è più ampia e ancora tutta da giocare. Ieri il presidente ha aperto la riunione con le varie anime delle Componenti ribadendo la sua posizione: «Non intendo dimettermi». Damiano Tommasi, presidente dell’Assocalciatori, ha abbandonato subito il tavolo di lavoro: «Il rinnovamento doveva partire dall’azzeramento del Consiglio Federale». Gli altri, invece, hanno deciso di ascoltare. Sia gli alleati, vale a dire Sibilia (Dilettanti), Ulivieri (Allenatori) e Nicchi (Arbitri), che l’oppositore Gravina (Lega Pro). Tutti però hanno chiesto a Tavecchio un programma da condividere. Non basta Ancelotti, dunque a salvare il governo nostro capo». La sensazione è che il calcio possa provare a compattarsi, almeno questa è la speranza di Tavecchio, per andare avanti senza l’intervento del Coni. Sibilia però vuole garanzie, non voterà la fiducia a scatola chiusa: «Voglio capire bene il programma e parlarne con il mio Consiglio direttivo». La partita è aperta e sino a lunedì la poltrona di Tavecchio ballerà moltissimo. Malagò e le pressioni politiche restano una minaccia concreta. Il presidente Coni non ha replicato a Ulivieri e ha gelidamente preso atto delle prime mosse di Tavecchio. Si respira un’aria pesantissima.