Chi ha dovuto aspettare l’amichevole di Vigo per capire che cosa manca alla Roma per essere competitiva, improvvisamente avrà scoperto in diretta tv che la difesa giallorossa è ancora incompleta. Se la priorità sul mercato, almeno a sentire il ds Monchi, è il sostituto di Salah (Mahrez o chi per lui), sarebbe imperdonabile sorvolare sulle attuali lacune del gruppo, anche perché tra sei giorni parte il campionato. Le immagini del match in Spagna sono state inequivocabili. Non c’è il terzino destro, anche perché nessuno sa quando rientrerà Karsdorp e l’unico interprete a disposizione per quella fascia è Peres che domenica a Bergamo incrocerà il Papu Gomez (meglio non pensarci). In mezzo, invece, non si vede il leader che deve guidare il reparto. Di Francesco, nel primo tempo con il Celta, ha provato Fazio e Juan Jesus. La coppia ha deluso, entrambi hanno fatto cilecca. Alla prestazione indecente si sono uniti anche gli esterni bassi Peres e Kolarov: a parte il rigore, con doppia gaffe di Fazio, le altre tre reti sono arrivate con la linea schierata. Bassa, passiva e addormentata.
La rotazione extralarge decisa dall’allenatore non ha certo aiutato la squadra che, dovendo rinunciare a otto titolari su undici nei primi quaranta cinque minuti, ha smarrito la sua identità. Si è allungata e ha quindi perso l’equilibrio. I centrocampisti e le punte non hanno collaborato e di conseguenza sono diventati responsabili della figuraccia quanto i difensori, lasciati senza schermo, del crollo nel primo tempo e della prova peggiore in questa fase di preparazione estiva. La Roma della ripresa è andata meglio. Si è ritrovata con l’ingresso dei titolari: Alisson, Manolas, Strootman, Nainggolan, Dzeko e Perotti. Non ha preso gol, ha riacquistato l’equilibrio. E ha segnato con Strootman. Ma sarebbe sbagliato dividere la prestazione in due. Perché la Roma è una. Ancora da assemblare. Tatticamente e numericamente. E di tempo ne è rimasto poco, dal Celta all’Atalanta.