Il suo percorso nelle giovanili, le delusioni, le emozioni dell’esordio, i gol al Porto e le passioni nel tempo libero. Nicolò Zaniolo è sulla bocca di tutti, ma in pochi lo conoscono bene.
Quali sono i tuoi primi ricordi legati al calcio? “Avevo tre o quattro anni, non ero ancora iscritto a una scuola calcio, ma appena vedevo una cosa per strada la prendevo a calci. Poi quando sono cresciuto ho iniziato ad andare a vedere mio padre Igor che giocava e lì è nata definitivamente la passione: mi piaceva vedere i tifosi esultare ai gol, vivere il campo la domenica”.
Dove giocava tuo padre quando eri piccolo? “È stato in diverse squadre, ma ricordo bene quando giocava alla Carrarese, perché era vicino casa. E anche qui alla Cisco Roma, spesso venivamo qui per vederlo giocare. Mi emozionavo quando segnava un gol”.
Chi erano i tuoi idoli calcistici da bambino? “Il mio idolo è sempre stato Kakà, mi appassionava il suo stile di gioco, era bello da vedere quando toccava il pallone”.
A che età hai capito che avresti fatto il calciatore professionista? “Non saprei, ho sempre pensato a divertirmi e a giocare. Nella mia carriera tra le giovanili non ho avuto certezze, anzi: più delusioni. Non c’è un momento in cui ho pensato “ce la faccio”. Nemmeno adesso ci sto pensando, ti dico la verità. Voglio solo allenarmi e giocare”.
Ci racconti gli esordi della tua carriera? “Ho iniziato al Genoa e poi sono andato alla Fiorentina, partendo con gli Esordienti. Sono arrivato fino agli Allievi e alla preparazione estiva con la Primavera. Poi mi hanno comunicato che non c’era posto per me…”.
Quell’episodio ti ha demoralizzato? “Sì. Dopo sette anni trascorsi lì mi ero fatto i miei amici, mi sentivo in famiglia. È stata una doccia fredda e ci ho pianto una settimana intera. Poi mi sono rimboccato le maniche. Sono andato all’Entella, vicino casa e alla mia famiglia, e da lì è nato tutto”.
C’è stato un momento in cui hai pensato che non saresti riuscito a fare il calciatore? “Sì. Nel primo mese alla Virtus Entella. Ero in Primavera e non giocavo, dovevo ancora ambientarmi, ero arrivato a preparazione già finita. Mi ritrovai nel bar di mio padre a La Spezia, che piangevo. Gli dicevo “se non riesco a giocare qui, forse devo fare qualcos’altro nella vita”. E lui mi rispose: “Fai l’ultima settimana, a mille, fatta bene, senza pensare”. L’ho fatta e da lì non sono più uscito”.
Proprio con l’Entella hai fatto il tuo esordio in Serie B. Che ricordi hai di quel momento? “Era già nell’aria. Una volta ci sono andato vicino e ancora me lo ricordo. Eravamo a Vicenza, vincevamo 1-0 il mister mi disse “scaldati che fra poco tocca a te”, poi abbiamo preso gol e ha scelto di mettere un difensore. Poi a Benevento, un giorno prima del compleanno di mio padre, è arrivato l’esordio. È stata un’emozione incredibile, non ci credevo: era passato meno di un anno dallo scarto della Fiorentina e stavo esordendo tra i professionisti”.
A diciotto mesi di distanza, dopo essere passato per l’Inter, è arrivato l’esordio in Champions League contro il Real Madrid. In quel momento cosa hai pensato? “Il mister fece la riunione tecnica alle 11. Non annunciò la formazione, ma mi disse che voleva parlarmi a fine riunione. Lì mi comunicò che avrei giocato, mi chiese se ero pronto. Io gli ho detto di sì. Invece di riposare, sono stato tutto il giorno in camera a guardare il soffitto. Poi una volta arrivato allo stadio, ho pensato solo a giocare e a fare quello che sapevo. Quando sei in campo pensi solo a quello”.
Quanto ti hanno aiutato i compagni? “De Rossi è venuto a dirmi di stare tranquillo. Di giocare come sapevo, a due tocchi. Anche Totti è venuto a dirmelo”.
Com’è cambiata la tua vita dopo quella partita? “Sono cambiate le attenzioni nei miei confronti. E anche nei confronti delle persone che mi stanno attorno. Però voglio che si parli molto di più di me e di quello che faccio in campo, rispetto a quello che c’è fuori. A me piace molto il calcio, questa è la mia passione. Sono contento della mia stagione e spero che continui così”.
Dopo cinque mesi sonoarrivati i due gol in Champions contro il Porto e ora tutto il mondo parla di te. Come ti sei sentito dopo quella doppietta all’Olimpico? “È un’emozione che ancora adesso non riesco a descrivere. Forse non ho ancora realizzato quello che è successo la scorsa settimana. Ora però devo allenarmi, penso a quello: andare forte sul campo per avere altrettante soddisfazioni”.
Che cosa pensi quando la gente ti descrive come il nuovo Totti o come la speranza per il futuro del calcio italiano? “Fare paragoni con lui è davvero una forzatura. Sono onorato anche solo dell’accostamento, ma io ancora non ho fatto niente”.
Ai tifosi della Roma ha fatto piacere sentire che vorresti giocare per tutta la carriera qui. Lo pensi davvero o lo hai detto perché eri davanti a una telecamera? “Alla fine giocando in squadra con De Rossi e Florenzi, o vedendo a quello che ha fatto Totti, capisci quanto si può essere attaccati a questa squadra e a questi tifosi. Sarebbe un sogno fare le stesse cose. Io ora penso ad allenarmi e a giocare”.
Il tuo esordio in Serie B è arrivato poco tempo prima dell’addio al calcio di Francesco Totti. Ti piaceva come calciatore? Ti capita di chiedergli qualche consiglio? “Era troppo forte, vedeva la giocata due ore prima degli altri, era impressionante. Io sono timido, mi vergogno ad andare a parlarci e per questo non gli ho mai chiesto niente direttamente, ma è sempre venuto lui a darmi dei consigli”.
Kolarov ha detto che hai la testa sulle spalle ma che sarebbe il primo a tarparti le ali se ti vedesse troppo su di giri. Che ne pensi? “Alex è esperto, fortissimo, conosce le dinamiche. Sa cosa può succedere a un ragazzo che è sulla bocca di tutti. Se dovesse vedermi con la cresta alzata farebbe bene a tirarmela giù. Lui è un esempio nello spogliatoio e in campo. Ha ragione”.
Da chi apprendi di più durante gli allenamenti? “Dove ti giri ti giri ci sono i campioni. Mi ispiro ai più esperti, ai senatori, a De Rossi, Manolas, Kolarov, Dzeko. Sono i miei esempi”.
Qual è stato il miglior consiglio che hai ricevuto finora in carriera? “Mio papà mi dice che si fa presto ad andare in alto, ma ci si mette ancora meno ad andare in basso. Me lo ripete in continuazione, “non montarti la testa”, soprattutto adesso. E mi dice anche “ricordati come stavi quando la Fiorentina ti ha mandato via””.
Il Club ha creduto tanto in te, tenendoti in rosa dopo il mercato estivo. C’è stato un momento in cui hai pensato che saresti andato fuori a farti le ossa? “Non ho fatto la preparazione estiva con la squadra perché ero impegnato nell’Europeo e nemmeno la tournée. Quando sono tornato ero il nono centrocampista e l’idea di andare sei mesi o un anno a farsi le ossa c’era. La Società ha creduto in me, però, e anche il mister. Devo ringraziarli per questo. Spero di continuare a dimostrare che la fiducia data non è stata persa. Di Francesco ogni giorno mi dà consigli, mi dice come muovermi, anche fuori dal campo. Lo ringrazio per tutte queste possibilità”.
Nello spogliatoio sei circondato da calciatori come De Rossi e Nzonzi che hanno vinto un Mondiale. Ci pensi mai? “Giusto ieri parlavo con Daniele delle emozioni vissute con la vittoria del Mondiale. E mi è venuta la pelle d’oca. Questi sono giocatori da cui devo prendere spunto per far bene. Un giorno, magari, spero di riuscirci anch’io. Ma non ci sto pensando ancora”.
A volte i calciatori più graandi sostengono che i loro colleghi più giovani pensano troppo ai social media e poco al calcio giocato. Cosa ne pensi? Ti rivedi in questa descrizione? “Sono nato nell’era dei social media ed è difficile non utilizzarli. Ti ci diverti, ma so che bisogna stare attenti. La gente è andata a ripescare dei post che ho fatto cinque anni fa quando avevo tredici anni”.
Qual è una giornata tipo di Nicolò Zaniolo? “Mi sveglio, faccio colazione con mia mamma. Mi porta all’allenamento e mi viene a riprendere. Poi ogni tanto ultimamente vedo la mia ragazza, che ho conosciuto qua. E niente, così”.
Niente videogiochi? “No, non mi piacciono”.
Il tuo hobby preferito al di fuori dal calcio? “Uscire con gli amici, parlare di cavolate e scherzare con loro”.
Sei diventato famoso? “Non famoso, ma sono sotto gli occhi di tutti sì. So che sono giovane, sto facendo bene in una piazza così importante. Devo essere bravo a gestire tutto questo”.
Hai ancora gli stessi amici di sempre? “Sì sì. A Capodanno ho preferito restare con loro, piuttosto che andare in vacanza. Ho fatto una cena con loro a La Spezia, siamo stati bene”.
Chi è il tuo migliore amico nel calcio? “Giuseppe Caso, che gioca nel Cuneo. Fino a quando ero piccolo, ai tempi del Canaletto e poi l’ho ritrovato alla Fiorentina”.
Hai un messaggio per i tifosi della Roma che già ti adorano? “Li ringrazio per il sostegno. Spero di continuare così e centrare assieme a loro i nostri obiettivi”.