Io, Edoardo Bove e Flavio Cobolli siamo già stati una volta nello stesso posto, anche se loro non lo sanno o non se lo ricordano. Eravamo a Londra, durante il primo turno di Wimbledon a luglio del 2024. Io ero un semplice spettatore, Flavio giocava sul campo 9, e di lì a poco avrebbe vinto contro l’australiano Rinky Hijikata. Edoardo, invece, era lì in tribuna per sostenerlo. Eravamo seduti vicini: io e i miei amici, tutti romanisti, siamo andati a salutarlo durante un cambio campo. All’epoca giravano voci vaghe di mercato, riguardo un possibile trasferimento dalla Roma e non c’era ancora stato il tragico incidente del 1° dicembre. Un mio amico, congedandosi, gli ha detto: «Mi raccomando, rimani in Serie A». Noi, subito: «Ma sei scemo? Perché non gli hai detto “rimani alla Roma”?». «Non lo so, mi è venuta così», si è difeso, spiazzato dalla propria frase. È strano pensare che quella formula sbagliata oggi somigli a un auspicio che riguarda tutto il mondo dello sport. Rivederli adesso, in un contesto e in un tempo così diverso, fa un certo effetto. Sul set l’atmosfera è incredibilmente rilassata, nessuna corsa contro il tempo, nessun segnale di isteria che talvolta sembra inevitabile in questi casi. Oggi non c’è spazio per la tensione, solo due amici che si incontrano e un microcosmo che rallenta per assecondarli.
Tra un cambio di outfit e l’altro commentiamo gli ultimi risultati sportivi, Edoardo mi confida che ultimamente sta seguendo il tennis più del solito: «Forse persino più di Flavio, sono sempre stato malato di tennis», dice con quella cadenza bassa. Forse non tutti sanno che anche lui da bambino giocava a tennis a ottimi livelli. «Sono felice di vedere che il tennis italiano sia esploso in questi anni, tifo per tutti i tennisti italiani oltre Flavio, anche perché ho giocato contro alcuni di loro. Per esempio ho giocato contro Lorenzo Musetti e ho perso 6-1, 6-0», conclude divertito. Ha incrociato anche Flavio sul campo e uno dei primi ricordi in comune è proprio legato al tennis: «Ci conoscevamo già perché giocavamo entrambi nelle giovanili della Roma, però non sapevo che pure lui giocasse a tennis, perciò quando l’ho incontrato a un torneo, gli ho detto: e tu che ci fai qua?». Intanto Flavio è sbucato dal camerino, elegantissimo, ma non riesce a rimanere serio a lungo, tra i due scoppiano subito delle risate di scherno. «Certo almeno la barba te la potevi fare», lo provoca Edoardo. «Meglio se non parli di tennis che non capisci niente…», lo punzecchia Flavio. «Figurati, io ho sempre tifato per Federer, lui invece è fissato con Djokovic, quindi litighiamo sempre sul tennis»
La conversazione con loro parte proprio dagli sport che praticavano da bambini e dalle scelte che li hanno portati a prendere delle decisioni importantissime in età così giovane, per intraprendere due strade molto diverse. Chiedo a Flavio di raccontarmi che tipo di tennista era Bove e a Edoardo di dirmi che calciatore era invece Cobolli. Quando si parla di questioni tecniche diventano entrambi molto seri. «Il suo stile di gioco da tennista era uguale a quello che ha da calciatore. Di base lui era un grande rematore, gli piaceva scambiare da fondo, era un tennista molto fisico», sostiene Flavio. «Però non avevo molti colpi d’attacco», interviene Edoardo. «Sì, e aveva anche molti problemi al servizio, data la sua corporatura», entrambi ridono, «eh sì, ho dei problemi alle spalle», conclude Edoardo. Sembra un discorso che hanno affrontato un milione di volte. Poi si invertono i ruoli. «Secondo me Flavio come calciatore è molto bravo a livello tecnico. Anche su un piano fisico non penso che avrebbe avuto problemi, lo vediamo ogni settimana a che livello è arrivato con il tennis. La cosa su cui avevo più dubbi quando eravamo piccoli è che tirava un po’ indietro la gamba, sembrava avesse paura di farsi male. Io pensavo che fosse un cacasotto, ma poi ho capito perché faceva così, me l’ha spiegato lui anni dopo…». Flavio annuisce: «Sì, diciamo che io ho sempre visto il tennis come il primo sport e quindi quando giocavo a calcio, che pure mi piaceva, ero preoccupato di farmi male». Eppure, gli faccio notare, nonostante questo giocavi nella Roma, in cui deve esserci stata sicuramente una competizione enorme sin dalle giovanili. «Infatti, esatto! Pensa te a che livelli poteva arrivare…», interviene Edoardo.
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FONTE: goitalia.it











