Dica la verità: pensava realmente di poter rimontare il Barcellona nella semifinale dello scorso anno?
“All’andata non meritavamo di perdere 4-1 e la preparazione della partita è stata improntata nel dimostrare ai ragazzi le possibilità che avevamo avuto. Eravamo in buone condizioni mentali e fisiche. Siamo stati più aggressivi e quando è arrivato il primo gol abbiamo iniziato a crederci. Nella partita prima del match contro il Barcellona cambiai molti titolari e fui molto criticato”.
Il Barcellona vi ha sottovalutato? “Questo dovete domandarlo a loro. Io, ovviamente, non li ho sottovalutati”.
Fu più dura l’eliminazione con il Liverpool? “Una volta che arrivi in semifinale non ti accontenti di questo. Però, sfortunatamente, nella partita di andata abbiamo commesso troppi errori. La verità è che al ritorno pensavo veramente si potesse rimontare. Però ci sono stati degli episodi…”.
L’arbitraggio fu molto criticato in quella sfida. Che ne pensa del fatto che non ci sia il VAR in Champions League? “Io non ero favorevole al VAR, però se c’è nelle competizioni nazionali, ci sono ancora più motivi per averlo in Champions League, dove c’è bisogno di maggior trasparenza. Bisogna uniformarsi”.
Come si prepara una partita contro il Real Madrid?
“Il Real Madrid è la squadra con maggior qualità in Europa. Significa che commettono pochi errori, come in generale nel calcio spagnolo: capacità di tenere il pallone con facilità e sbagliare poco. C’è un modo di lavorare insieme che li fa sentire più forti di come sono”.
E come si combatte? “Cercheremo di non snaturare la nostra mentalità. Giocheremo, rimanendo aggressivi. Giocheremo il nostro gioco… Pur sapendo che contro il Real Madrid è più facile che lo facciano loro. Ma non saremo lì solo per aspettare uno schiaffo, perché poi ce lo daranno. Cercheremo di darlo anche noi”.
Come vede questo Real Madrid di quest’anno? “Lavorano di più come una squadra, in modo più compatto. Cercano maggiormente la pressione continua. Hanno una grande mentalità, sanno quando addormentare il gioco anche se meno che con Zidane. Ora sono molto più continui nella proposta di gioco”.
Sono peggiorati senza Cristiano Ronaldo? “Ha risolto molto partite in passato, però la squadra non sta risentendo la sua assenza. Hanno giocatori di una qualità enorme, sei titolari della nazionale. Sono come la Juventus dello scorso anno, che aveva la base della Nazionale. Ed in più, hanno un calciatore con una sicurezza impressionante: Sergio Ramos. Ha una qualità impressionante, cambia gioco da una parte all’altra in modo incredibile. Lo ha fatto anche l’altro giorno con la Spagna, modificando l’equilibrio della squadra, anche quando hanno una pressione più forte. E ti assicuro, che non tutti i difensori sono capaci di questo”.
Quale è il calciatore più difficile da limitare? “Benzema è un attaccante fantastico. Non gioca solo dentro l’area, apre gli spazi, ti permette di giocare. Però, io vado matto per Asensio. Credo che sia il futuro del calcio spagnolo insieme a Saul. Sa giocare in più posizioni e questo è un gran vantaggio”.
L’anno scorso avete giocato contro il Barcellona, quest’anno contro il Real. Qual è la differenza maggiore nell’affrontarli? “La differenza è che con il Barcellona era dentro o fuori, questo è un gruppo e cambia leggermente la prospettiva. Il Barcellona ha organizzazione di gioco ed un talento straordinario come Messi che ti può far male in qualsiasi momento. Ma il Madrid ora gioca come il Barca ed il Barca come il Madrid di prima”.
Entrambe hanno mantenuto l’egemonia del calcio europeo per anni. Perché il calcio italiano non riesce ad uscire dalla sua fase crepuscolare? “Abbiamo investito meno. E quelli che l’hanno fatto, come la Juve, hanno vinto tutto. Ora c’è più competitività: sono arrivati giocatori più importanti e quest’anno il campionato avrà più qualità. Il fatto che Cristiano sia venuto fa bene a tutti”.
E il declino ha colpito la nazionale? “Il fatto che giochino meno italiani nelle nostre squadre è un fattore chiave. Ma nasce da una cultura generale nel paese in cui i giovani non hanno il tempo di crescere e di sbagliare. Per migliorare devi fare errori e qui si va molto di fretta. La personalità non viene comprata, si acquisisce giocando con continuità, vivendo delusioni e facendo errori”.
Parlando di comprare giocatori, il metodo Monchi ha grandi vantaggi. Però questo via vai di calciatori ogni estate, non può creare dei problemi? “Può essere positivo o negativo. Dà nuova aria e nuovi stimoli, e poi ci sono quelli che assimilano prima o dopo i concetti di gioco. Ci sono vantaggi e svantaggi. Lui è il direttore ed è giusto che io creda in lui come lui ha creduto in me. Lavoriamo insieme, non uno di fronte all’altro. Condividiamo successi e fallimenti”.
Totti fa ora parte di questa squadra. Come è stata la transizione tra campo e ufficio? “È come se non avesse mai smesso di giocare. Conosce lo spogliatoio meglio di me e degli altri. È un vantaggio averlo e lo sento molto vicino e può sempre consigliarci. Potrebbe avere un grande futuro come manager, ma dipende da lui. Io, ad esempio, ho iniziato come manager e sono diventato un allenatore”.