Gli obiettivi non dichiarati si chiamano Europei e Wimbledon, la data da segnare sul calendario è il 17 maggio, quando saranno ammessi negli impianti fino a 10mila spettatori. Una sorta di prova generale per i grandi eventi sportivi dell’estate. Lo ha annunciato il primo ministro inglese Boris Johnson, illustrando i primi passi verso le riaperture dopo la diffusione del vaccino. In tempo per l’ultima giornata di Premier League. In Serie A tutto è fermo alla 26ª della scorsa stagione. Ma per la Roma l’ultima coi propri tifosi in casa risale alla settimana precedente.
Ventitré febbraio 2020, pomeriggio inoltrato. Il cielo sopra l’Olimpico sembra dipinto e non a caso coi colori della Capitale e della sua squadra. Tutto parla di Lei, quasi si preparasse al commiato. Suggestioni al crepuscolo. La Roma che ospita il Lecce allenato da un suo vecchio tifoso è reduce un periodo difficile: tre sconfitte consecutive. Ma a supportarla c’è il suo pubblico, la sua Curva, che sa come stringersi nei momenti di difficoltà. In Sud appare uno striscione: «Fuori la voce, avanti romanisti».
Sarà così, sugli spalti come in campo: la squadra cala il poker, mentre il tripudio di colori con l’avanzare della notte si trasferisce dal cielo al settore più caldo. Sono sempre gli stessi, visibili in quello sventolio senza soste di bandiere. Fino al fischio finale e oltre, come da abitudine. Nessuno può immaginarlo in quel momento, ma quell’immagine così consuetudinaria per i frequentatori dell’Olimpico resterà l’ultima del 2020, quanto ispiratrice di speranza per il 2021.
È trascorso appena un anno da allora, che però pesa quanto un secolo. Di quelli bui. Il mondo si è chiuso per opporre resistenza al virus che lo ha travolto, tutto si è fermato, molto non esiste più, e anche il calcio ha dovuto arrendersi per qualche mese. Salvo tornare nella scorsa estate, in una veste inedita, fino ad allora confinata alle amichevoli del giovedì o a qualche sanzione comminata al pubblico per gravi comportamenti. In qualsiasi modo la si voglia vedere, è comunque triste, silenziosa, relegata a qualche urla nel silenzio, fra panchina e campo, di quelle che si possono ascoltare assistendo agli allenamenti.
Questa volta nessuno è stato carnefice, tutti vittime allo stesso modo. E la punizione, per chi saliva quei gradini verso il boccaporto che spalanca il campo con la stessa emozione della prima volta, terribile. Niente più stadio, niente più 90 minuti settimanali (e oltre) di sospensione dal mondo esterno, di sogni, bandiere, colori, calore e cori. Niente di niente. Le partite ci sono ancora, certo, ma a distanza. E si possono seguire soltanto nel modo più freddo possibile: in tv, da lontano, sul divano di casa.
FONTE: Il Romanista – F. Pastore