Hanno finito col mescolarsi molte cose in questo calderone bollente che è la desertificazione dell’Olimpico, nel derby e nelle partite limitrofe. La rabbia dei tifosi nei confronti delle società, il prezzo elevato dei biglietti, la pura e semplice scomodità del calcio vissuto sul posto invece che a casa. Una certa stanchezza di tutto questo, l’atteggiamento talora scostante dei vertici dei club nei confronti di una parte del tifo organizzato. Nessuno merita di essere infilato a forza in un unico fascio d’erba, perciò esercitate pure i distinguo che volete tra torti e ragioni.
VECCHIE – Ma che tutto cominci dalle barriere con le quali sono state frammentate le due curve non può essere messo in discussione. Nell’ultima stagione in cui le divisioni non erano presenti la Roma aveva una media di spettatori pari a 40.148 ed era la squadra più seguita dal vivo della Serie A. La Lazio era al quinto posto, con 34.345. Nel campionato scorso i giallorossi con 35.182 erano scesi in quinta posizione e i biancocelesti con 21.025 in nona. Dopo le prime 14 giornate della stagione in corso, la Roma è quarta con 27.613 e la Lazio diventa undicesima con 16.443. La storia delle barriere è ormai vecchia, ancora più vecchia di quanto si pensi. Risale addirittura al 2013. L’osservatorio per le manifestazioni sportive propose allora questa misura. Solo tra l’inverno e la primavera del 2015, però, il questore di Roma, Nicolò D’Angelo, propose di dividere in due settori separati entrambe le curve, la Nord e la Sud, nell’ambito si un pacchetto di misure di sicurezza. Il prefetto Franco Gabrielli, ora capo della polizia, eseguì. Le barriere vennero erette nel settembre successivo. Gli effetti si videro subito e peggiorarono progressivamente. Anzi, l’agitazione dei tifosi partì addirittura prima della realizzazione delle paratie in plexiglass. Questa curva non si divide e tutto il resto. I club dovettero provvedere anche a risolvere il problema degli abbonati che a causa della nuova struttura delle curve si ritrovarono senza posto: un migliaio in totale. Cambi di seggiolino, possibilità di trasferirsi di settore, dunque disagi sia per gli spettatori sia per le società Roma e Lazio.
RESISTENZA – Ma era solo l’inizio. I gruppi del tifo organizzato cominciarono a disertare lo stadio – perdendo anche i soldi versati per gli abbonamenti – e pure a fare propaganda in favore di un più generale sciopero del tifo. O meglio, sciopero dello stadio: i sostenitori della Roma e della Lazio hanno continuato a seguire le partite, riunendosi per gli appuntamenti più importanti in luoghi considerato storici. Qualcuno, dalla parte della Roma come dalla parte della Lazio, ha deciso di tornare. Il nocciolo duro e ampio continua a dire no. E continuerà a dirlo domenica in quello che ormai è un referendum permanente. Il tifo che si considera perseguitato, anche per multe e provvedimenti ritenuti esagerati, risponde come può e come sente: con l’assenza. Il silenzio di chi si sente innocente.